lunedì 31 agosto 2009

LA FORZA




Guardiamo tutte le forze ed energie che nelle interazioni si sono scatenate, messe in movimento, osserviamo la messa in scena di tutto il nostro teatrino interiore, perché questo proiettiamo poi all’esterno. Cogliamo la forza di emozioni e sentimenti, soprattutto quelli che consideriamo difficili. Avvertiamo la forza, sentiamola -tra le mani- e… orientiamola. Mandiamola a fare il lavoro di unità tra tutte le nostre parti ora in conflitto o sottoposte a pressioni. Le forze ci fanno avvertire l’unità che c’è sotto l’apparente separazione delle cose.
Percepire le cose, le Parti di noi e sentirci in esse; ascoltando ne misuriamo la forza e la nostra forza: chi siamo, chi sono.
Sentire, conoscere, accogliere, stare, non separare.

Incontrare, nominare gli animali interiori, tutte le emozioni e i sentimenti, distinguersi da essi per coglierne la forza, non separarsi da essi, non disconoscerla. Essa è la nostra “psiche animale”, ciò che siamo in fondo a noi stessi, la parte più vitale, autentica e intelligente.
Gli animali interiori sono le nostre energie che ancora non conosciamo, perciò non possediamo.
Stati di noi in cui non ci sentiamo e non sappiamo di abitare, quelli che fatichiamo a riconoscere nostri perché il giudizio ce li fa distinguere e separare da noi stessi. Essi sono, invece, le nostre Parti più forti e feconde, le nostre energie strutturanti.

Bisogna attraversarle, conoscerle come Parti di noi e distinguerle da noi, non per separarle, ma per riconoscerne la fecondità ed integrarle. Sono i nostri nodi: ciò a cui resistiamo, che ci fa paura, ciò che di noi rinviamo alla responsabilità dell’altro e che invece è generato solo da noi. Li chiamiamo ostacoli, nemici, gabbie, malattie, brutture, parti scomode, torti subiti o fatti, impedimenti, destino… invece siamo solo e sempre noi quando ci costruiamo dalla nostra fragilità, inconsapevolezza, necessità di sopravvivenza, in fondo, dal nostro essere in cammino.
Parti di noi diventati fardelli, come uscirne?
Per fare esperienza della nostra unità interiore bisogna accogliere e riconoscere come “nostri” tutti i pensieri e tutte le emozioni che ci attraversano.









I PENSIERI: SEPARAZIONE – DISTINZIONE


La questione sta nel recuperare il giusto senso della spada, archetipo che nella tradizione ebraica è lo yod, decimo simbolo dell’alfabeto ebraico, ma che troviamo espresso in altri modi negli alfabeti antichi. Distinguere senza separare - cambiando il punto di vista.

Siamo stati educati a “separare”, questa è modalità che viene dal razionale che, per affermare se stesso, deve separarsi dal resto delle esistenze .
Recuperare il giusto senso della spada, del distinguere senza separare.
Spada diventa congiunzione: due energie pari e contrarie, separate o congiunte, ambedue necessarie.

Il punto essenziale è rendersi conto della dinamica di separazione nella propria vita.
Guardarla, così che si supera e si va oltre.
La dinamica di separazione è il satan, “porta del male”, separazione, tentare di separarci da una parte di ciò che siamo. Dove per male si intende appunto uno sguardo sulla realtà che non corrisponde alla realtà perché questa, di per sé, non è separata ma Uno.
Oppure, in altre tradizioni il satan è “ciò che illumina”, ciò che permette di rendere manifesta una realtà, ancora la funzione di distinguere un’accezione della realtà dal Tutto, senza però avvertirla separata.

È necessario comprendere che ciò che viene alla luce non è migliore o peggiore di ciò che rimane ancora oscuro, non conosciuto, non manifesto. Si tratta di cominciare a vivere l’atteggiamento della comprensione del Tutto “come manifesto-non manifesto” sospendendo ogni giudizio. Quando giudichiamo, separiamo e cominciamo ad esistere separati in noi stessi, non più pienamente nutriti dell’alimento essenziale: l’Energia del Tutto.
Energia del Tutto che viene/sta nelle concrete situazioni della vita.
“Satan”, ancora, nella sua accezione originale, è avversario colui che si pone di fronte a me così da permettermi di conoscere il mio essere limite di fronte al Tutto.
È, allo stesso tempo, ciò che mi permette di vedere ciò che sono proprio perchè mi delimita, mi distingue dal Tutto. È salutare, necessario, che, sapendomi nel Tutto, io anche sappia che il Tutto mi trascende. È senso di realtà, umiltà.
“Satan” è semplicemente una CHIAVE per rendermi conto di ciò che sono e come comprendo la realtà.

Ritorniamo alla giusta fruizione di questa energia quando cogliamo noi stessi e le cose fuori dal giudizio perché, ciò che provoca la separazione, è appunto questo passo ulteriore che fa il mentale separando me stessa da ciò che colgo attorno a me. Anzi, non è il giudizio per se stesso che provoca la separazione, esso è necessario per dare definizione a me stesso e alle cose ogni volta che raggiungo un livello di consapevolezza.
È fissare quel giudizio, renderlo assoluto, escludendo perciò altre possibilità di espansione a me e alle cose che mi separa dal fluire del Tutto, dalla Prosperità, dalla Vita che ogni giorno si dà a me in mille nuove creazioni.
- Solo noi uomini, tra le creature, abbiamo la dinamica di separazione, in effetti il male e la sofferenza sembra stiano, soprattutto, nelle dinamiche umane.
- La separazione è, perciò, dinamica mentale, è la mente che per esistere separa un aspetto della vita da un altro.
Non c’è una realtà separata, da giudicare, la distinzione serve per la conoscenza. Nel tempo, il mentale ha cominciato a fissare un aspetto volendo escludere altro, un pensiero ha cominciato ad esistere per se stesso, o meglio noi gli abbiamo dato il permesso di esistere così, indipendente dalla complessità in cui è inserito. Il pensiero, il singolo pensiero ha preteso di perpetuarsi, costituirsi ad esistenza, continuare ad essere, e qui la distinzione è diventata separazione. La mente ha creato il tempo e lo spazio “relativi”, artificiali, per accaparrare, per essere, per continuare ad essere, oltre il presente, quel determinato pensiero. Ha cominciato a creare un mondo fittizio: di un semplice sguardo nel reale ha fatto un’entità e per mantenerla ha creato il tempo e l’identità. La dinamica della separazione serve come percorso per conoscersi, rendersi conto dei processi interiori; per fare il distacco nell’adesso da ciò che si sta vivendo e guardare oltre. Va applicata ai dinamismi mentali non per cogliere il reale e per coglierci nel reale. Noi, come esistenze dobbiamo poter rimanere in contatto con il Tutto, anche quando il mentale separa.

In noi, Esistenze, non la separazione, ma l’accoglienza e la congiunzione come atteggiamenti e, da questi, alla consapevolezza e all’integrazione verso il Tutto che siamo. Le forze dell’autonomia si trovano non separando ma congiungendo, così l’andare verso le cose, le situazioni, le persone.
“L’unica fonte di certezze assolute è il pensiero metafisico, ma esso inculca la coincidenza degli opposti” .

Il cuore è in noi la dimora di Dio tra gli uomini, ovvero, il luogo ove è possibile coglierci oltre le separazioni.

Le separazioni che sento/soffro sono separazioni da me stessa. Non perché qualcuno o qualcosa è venuto a mancare o manca sento il vuoto; è perché io faccio mancare qualcosa o qualcuno - a me stessa - io vengo a mancare a me stessa o ad una parte di me. La separazione da qualcuno-qualcosa all’esterno è la conseguenza del mio non guardare più una parte di me. Qualcosa in me ha scelto di lasciare una condizione, un aspetto di me. Ecco che all’esterno sembra manchi la situazione corrispondente ma è solo il nostro negare una realtà che ci impedisce di averla davanti e gustarla. Si tratta solo di una dinamica di cui renderci consapevoli, dopo di che, imparare ad usare diversamente ossia per affermare la nostra migliore e prospera realtà, quel meraviglioso congegno che è la nostra mente.

Le Parti di me vengono a me attraverso il mondo, è sempre un fatto di credere/volere e di toccabilità. “Me stessa” è nel mondo fuori di me, è il mondo fuori di me, ma le esistenze (cose, persone, eventi…) le sento mie, appartenenti e abbasso le barriere così da accoglierle se prima le riconosco in me.
Comprendiamo il mondo mentre, dal mondo, veniamo compresi.
Detto in altri termini il mondo è quell’universo di materia intelligente che sono, che mi abita e circonda. Le cose, le persone, gli eventi sono tutto ciò che io creo dal mio pensiero e che mi regalo. Sono sempre io l’artefice della qualità della mia esistenza, del mio benessere o malessere. Ecco perché la dinamica è accogliere, lasciar essere, lasciarsi attraversare dalle cose per quello che sono, dato che io stessa le ho originate.

Lasciarsi attraversare dai sentimenti/pensieri/emozioni che gli esseri che incontro suscitano in me. Senza aspettative verso l’altro, anche con le aspettative, tutto è Vita: l’altro mi riconduce me stessa. Riconoscere me stessa nell’altro non con un atto teorico, del pensiero, ma col toccare, non si può esimersi dal mettersi in gioco, altrimenti il mondo non arriva.
Toccare è trafficare se stessi, mettere le mani in pasta, esser-ci nell’altro e lasciar essere l’altro in noi.


LE EMOZIONI: EMERGONO LE FORZE

La dinamica della separazione conduce al giudizio su di sé e sulle cose e continua con la resistenza a ciò che abbiamo giudicato.

Tutto ciò a cui resistiamo fa parte di noi, dato che è. Sono le nostre Parti energeticamente più forti. Per superare la separazione e lavorare sull’integrazione non basta accogliere l’istanza del pensiero, bisogna lasciar essere l’emozione sia quando è piacevole, che quando è scomoda, sofferta e destabilizzante.
Integrare innanzitutto me stessa, nel mio essere indefinito, confuso, non risolto, e le persone, le situazioni più difficili: la persona o l’oggetto che abbiamo davanti e catalizza la nostra reazione è comunque reale, è parte della mia realtà di adesso e, se m’interpella così, significa che tocca una parte di me su cui è importante che io lavori, una parte di me in cui, ancora, io sono sconosciuta a me stessa.
Perché l’altro sia il catalizzatore che mi permette di conoscermi, di integrare e crescere, l’unica cosa da fare è accogliere senza separare.

Accogliere l’istanza del pensiero e insieme, l’istanza dell’emozione, qualunque sia.
Qui non serve capire, basta lasciar essere l’emozione in se stessi e, per quanto è possibile, ascoltarsi e guardarsi.
Sentire e conoscere gli animali interiori; accoglierli, distinguerli ed integrarli, significa lasciar essere in noi le forze istintive e forti e lasciarsi essere in esse.
“Adesso, io sono la mia rabbia, la mia gelosia, la paura, il possesso, l’ansia, l’angoscia, la malattia. Questo sono ”. Accogliermi così, senza voler cambiare niente di me. E poi, tanto è forte questo sentire che quasi, io, non sono, c’è solo rabbia, gelosia, malattia, paura… persa nella mia disarmonia. Accogliere questa destabilizzazione; l’emozione, il sentire racchiudono le forze interiori istintive. Quelle che emergono dalla nostra Anima.

La cascata

Sono qui,
davanti a questo fuoco d’acqua
… e pascolo
la mia pecorina…

“Sono il Buon Pastore delle mie emozioni. Qualsiasi, qualunque mia emozione è, con amore, condotta al pascolo. Non sono il padrone, sono il Buon Pastore, Signore dei pascoli delle mie pecorine”, “ma, a volte, mi ritrovo nell’ovile… pecorina confusa tra le mie pecorine”.

Poco a poco percepisco questo sentire per quello che è: una forza. Animali.
Ora, lo colgo distinto dal significato, dal giudizio che fino a ieri le ho dato. Ho una forza tra le mani, l’avverto, e sospendo il giudizio.
Fremo, vibro in questa forza. La riconosco come parte di me, creo consapevolezza.
Qualcosa si muove allora, mi sposta dalla staticità in cui l’essere posseduta da quel sentire mi costringeva: sono questa forza che ora riconosco mia e poi, ora so: sono ancora Altro.
Osservare quella Parte di noi che sta sentendo, che sta soffrendo, sapendo che noi siamo questa Parte, solo che stiamo facendo resistenza al suo esistere.
Stare con l’energia di dolore che ci ritroviamo tra le mani, allora cominceremo a percepire che, mentre siamo questo dolore siamo anche Altro, Oltre.
Tentare di spostarsi verso l’Altro, l’Oltre che, comunque, siamo.

Lavorando con questa dinamica arriviamo anche al giudizio, ma è un giudizio che non separa, semplicemente afferma, dice, nomina un qualcosa di noi col quale adesso, da osservatori, non ci identifichiamo più, che riusciamo a cogliere con distacco da noi stessi.
Nel distacco vediamo una parte di noi mentre già siamo in uno stato dell’essere più ampio, più completo, questo ci permette di lasciar andare il mentale, l’identificazione con l’oggetto: persona, cosa, emozione e possiamo giudicare, nominare, senza separare.
Questo è il cammino per renderci conto della nostra Anima animale, della psiche animale che siamo. È fondamentale lasciarla essere e integrarla consapevolmente. Anche lasciarla essere prima ancora della consapevolezza, perché è lei che ci porta verso il nuovo, che ci guarisce, ci dà sempre nuova vita. È la psiche animale che ci crea, ci concede e ci conduce le situazioni importanti per vivere questo corpo e questa Terra nel benessere.




Nessun commento:

Posta un commento