giovedì 3 settembre 2009

IMPOTENZA




Nulla impedisce al mare
di sciogliere le sue acque
sulla sabbia.

Nulla impedisce al mare
di stendere la sua onda
sulla spiaggia.

Nulla impedisce al mare
di spingere la sua impronta
sulla terra.

Ogni giorno, è un altro giorno. Ma io sono qui legata a questo schemino mentale che si chiama impotenza. Vecchio di millenni, le ere, i secoli che la mia Anima ha attraversato, insieme a tante altre Anime.
Nel Tutto ci riconosciamo.
So che stavo là in un luogo dorato, ero, ancora sono, pagliuzza dorata, nella mente di Dio, nella mia mente, ove sono Dio.
Nella mente del Tutto cui tutto e tutti apparteniamo, sono, siamo come pagliuzze dorate rutilanti, danzati, respiranti in un vuoto-pieno luminoso e incandescente che ci anima, alimenta ed eleva.
Poi un giorno, in uno dei nostri giocosi vorticare, passiamo vicino ad un’anima che ci strizza l’occhiolino… è fatta. In un attimo tutto è detto perché là i pensieri viaggiano alla velocità della luce e oltre.
Ci tuffiamo, giù, su, dentro, fuori, dal centro in cui siamo infinite sono le direzioni in cui buttarci in un’avventura di incarnazione.

Velocissimo il viaggio, anche se, ciascuno di noi si prende tutto il tempo per osservare, scrutare, vagliare quale corpo, quale casa e paese abitare.
Un seme di luce nel cuore, in fondo agli abissi dell’Anima che là, tra le stelle, è terra dorata, qui sulla Terra è… terra… opaca, confusa, fredda e affannata, affamata.
Che cosa ci spinge a lasciare il volo e la danza? Che cosa ci spinge a lasciare le mille possibilità di amarci, abbracciarci, avvoltolarci su noi stessi come nuvole spumeggianti, come palle di fuoco, tocchi di brezza e… ridere, ridere, ridere!
Sì, perché tutto questo siamo, lassù, laggiù, qui e ora, dentro noi stessi in cui siamo Dio.
Perché, dunque, scegliere la fatica, il dolore a volte, l’incomunicazione dei linguaggi terreni, perché?
Oh! perché c’è una stella quaggiù, quassù, qui e ora, dentro la Terra, dentro le galassie e i pianeti del cosmo! Una stella-pagliuzza dorata fatta materia sonora vibrante e incandescente, c’è una stella inabissata che mi ha scelto, per fare… un giro di valzer con lei!

“Bella Stella dimmi tu cosa vedi da lassù - da quassù io vedo te”.
“Bella stella dimmi tu cosa vedi da quaggiù - da quaggiù io vedo te”.

Ancor più sonora e vibrante questa dimensione della Terra, criptata, muta, silente, avvincente, ecco perché siamo qui.
Non possiamo fermarci, basta aver messo una volta il naso fuori dal mondo dorato che ci nutre e contiene come un forziere pregiato e tutto, tutto ciò che quel mondo dorato ha deciso di pensare, di essere e sperimentare: stella, fiore, fiume, foglia, bambino, vento e seme, cuore e abbraccio, vogliamo essere.
E si nasce… in un ventre, tra braccia amorevoli o soli e al freddo, non ha importanza, ma qui si viene per ritrovare la danza, per rincorrere quegli occhi appassionati e furbetti, e perdersi in essi. Questo si insegue tutte le vite, quell’attimo in cui tu e lui, tu e lei, toccati dall’attrazione e dalla natura comune dei semi primordiali, questi semi avete deciso di incarnare.

Come quando i bambini perdono se stessi su un cumulo di sabbia fine e dorata.
Che, guarda caso di sabbia si tratta, di rena, di terra in cui mettere le mani, impastare, rendere viva e attiva con l’acqua e… pasticciare, costruire, inventare, fare e sciogliere le mille possibilità della vita.
Finché, basta un attimo, si guarda il sole e per una frazione di secondo si è abbagliati, accecati, si perdono le coordinate, qualcosa continua, tutto continua, ma quel raggio di sole ha colpito la profondità dell’occhio, per un attimo la luce ha illuminato tutto il buio in cui siamo scesi, in cui sono scesa e là in quello scarto, tra la consapevolezza del buio e che, niente è buio, l’IMPOTENZA…
“Non sono Dio”.
Impotenza… Mi sento impotente… sono impotente.

Il punto è, questo non sapevo, che questo è Dio. E che nell’attimo è vivibile, è buono e giusto che il buio sia buio, accanto alla luce che è luce, e, in Dio, questo va bene così, perché Dio, subito, nell’istante successivo è tutto buio o tutto luce, o anche buio e luce, e va bene così, anche questo è buono e giusto.

Ma io ho ricordato, ho voluto tornare indietro.

Avevo imparato che qui sulla Terra ci sono dei modi per fare, di un mucchio indefinito di sabbia, una strada.
Stavo osservando i miei movimenti e mi rendevo conto che mi spostavo, perché stavo costruendo là, sulla sabbia, un tracciato, un percorso; ho preparato uno scivolo per far scorrere i miei giochi, le palline dorate, quelle che mi ero portata dalle stelle.
Anche le palline spostavo. Avevo osservato i miei movimenti e mi ero resa conto che si chiamano “avanti e indietro”, “sopra e sotto”, “destra e sinistra” . È stato immediato trasferire quel movimento in me, farne la strada per un pensiero, costruire su queste coordinate: metterci altre palline dorate, ovvero delle voci, dei colori, delle sensazioni di ciò che stavo sperimentando e conoscendo e ho costruito, un pensiero.

Tanto mi affascinava quel percorso (costruito da me!) e che vedevo fuori di me attraversato da coloratissime e vivaci palline, che ho desiderato imprimere in me stessa quel gioco.
Ecco, una catena di colori, collocati su coordinate che, immediatamente, si sono create in me, agganciate a dei filamenti di forza. Vedevo vibrare un filo di energia che passava e su di esso, ad intervalli regolari, le palline fissate.
Quel filo, nella mia mente, copiava esattamente l’immagine di quel percorso esterno sulla sabbia e i batuffoletti colorati e vivi stavano abbracciati al filo luminoso negli stessi punti in cui, sulla sabbia, io avevo creato: buche, trabocchetti, terrazze, avvallamenti, parcheggi per i miei giochini portati dalle stelle.
Avvertivo che vicino a me, altri fratelli stavano inventando i loro divertimenti, mi guardavo attorno e vedevo un luna-park, luci, colori e tanta allegria.

Ricordo… sono qui, sono tornata sulla mia sabbia dove stavo da bambina, “al sabion” la chiamavano le zie, la mia montagna inviolata di sabbia dorata. Sto, all’ombra del pruno, vicino al fosso dove nonna prende a secchi pesanti, l’acqua per il suo orto.
Ho sempre creato le mie esistenze.
Ora scorrono le mie palline colorate, lancio una pallina da lassù, dalla terrazza sospesa in alto, e lei scivola giù veloce; prima era là, un attimo dopo è qua, pronta ad essere riportata su da me, in cima, per rilanciarsi a tutta velocità sulla pista, accelerare, sbaragliare le sorelle, arrivare prima.
Questo modo di essere della pallina davanti a me… lei si presenta in un susseguirsi di attimi in cui lei, la stessa, ancora sta davanti a me, ma questo è l’attimo dopo da quel momento prima in cui l’avevo vista. “Prima-dopo” .

Ho cominciato trattenere i due istanti in me, ma mi sono resa conto che se vedevo la pallina sopra, non potevo vederla essere, nello stesso istante, sotto. Non so perché ma, mentre in quel mondo tra le pagliuzze dorate io so di stare qua e là, sopra e sotto, in alto e in basso tutto nello stesso istante, qui, su questo mucchio di sabbia con cui mi piace giocare e fare le piste per i miei giochini, non è così. Se la vedo sopra sotto non c’è. Quando arriva giù, su non c’è più. Non capisco. Tutto è più frammentato, però è bello, le palline sono colorate, parlano, cantano, vibrano, le posso tenere tra le mani. Sembrano chiacchierare tra loro, scambiarsi sorrisi e risatine, a volte si spingono, ecco perché poi scappano fuori dal tracciato e qualcuna cade.
Sai, questa è una pista, a tratti è molto ripida e lì i miei giochini sono a rischio, se non trattengono un po’ la velocità, finiscono gambe all’aria fuori, sotto il mucchio di sabbia, e io devo soccorrerli.
Allora dico: “Pianoooo, controllatevi, rallentate!”, insomma è tutto un gioco di sintonia tra spazio, tempo e velocità, quello che lassù, nel mio cielo dove voliamo, chiamiamo ritmo ed è importante che siamo coordinati nel ritmo, per poterci incontrare, per far scoccare quell’occhiata fatale che poi ci porta giù, qui a giocare sulla sabbia dorata, a continuare la nostra danza, la stessa che continuiamo a fare lassù, come stelle.

Quando, finalmente, le palline si mettono d’accordo e, senza spingere, superare, scavalcare, rispettano gli spazi tra una e l’altra e i tempi di discesa, vedessi! Si sono messe d’accordo, passano davanti i miei occhi ad intervalli regolari, si sono date un tempo tra il prima, il dopo ed ecco c’è un ritmo, una frequenza, un disegno ordinato che si crea.
Che corse armoniose, che danze! I colori s’intersecano, si scambiano riflessi, brillano! Che gioco! La sabbia, sembra opaca, buia, fredda, vedessi come risaltano i miei giochini su quel color terra così pacato, cosi adattato alle curve, alle discese pazze della pista!
Comincio a sentire… altro, e a capire: se sto nell’istante e osservo la pallina in quello spazio-tempo che sta attraversando nella sua corsa, se la colgo nell’istante essa è luminosa, vibrante e mi comunica una forza e potenza che, mentre la vedo nel suo rotolare, anche sento in me, è in me quella forza.

Oh, l’istante! Pieno di forza, potere e gioco, è entusiasmante! Io e la pallina siamo uno! E corriamo, scendiamo, tracimiamo, la forza è in lei e in me che, presa dal mio essere bambina nel gioco, altro non so che quest’attimo di gioco!
Poi, altro posso fare col pensiero e col ricordo: spostarmi al prima e al dopo della corsa, avanti e indietro sul percorso; in questo caso lei, l’amica giocosa e colorata, gialla, rossa, blu, mia, non brilla, è bella, so che mi dà momenti unici di vitalità e che è nel suo colore, ma non brilla.

Adesso so, lei, quando la ri-vedo dal pensiero, sta nel mio ricordo; è la mia mente che fa avanti e indietro nello spazio e nel tempo, che tenta di ricordare la velocità e si gode il ricordo di quel momento entusiasmante in cui nient’altro c’era che il mio cogliere l’attimo vincente della pallina… di me stessa.
Sento e so anche, adesso, che il gioco, le palline, già prima di essere toccabili e visibili qui, sulla sabbia, già erano in me, costantemente sono in me, perché io, là tra le stelle sto vivendo la mia danza!
Tutti questi miei vissuti sono belli, capisco che è importante che io sappia distinguerli e che mi salvaguardi la capacità di essere in ciascuno di loro, sapendo che niente e nessuno, se non me stessa, può decidere di continuare o lasciare il gioco. Sapendo che non c’è motivo al mondo perché io lasci il gioco fintanto che uno nuovo e più entusiasmante non nascerà da dentro di me, dal riconnettermi col mio mondo tra le stelle dove, sempre gioco.
Capisco anche che, proprio nel momento in cui sono totalmente persa, avvinta dal mio gioco, il momento in cui le palline luminosamente mi danzano davanti, io là, in quell’attimo scoprirò un altro gioco.

Ritrovo la mia danza, la vedo là, sul percorso e sono contenta che le palline dorate, che mi sono portata dal mio cielo, siano qui a mettere davanti ai miei occhi questa sintonia di velocità, di colori e di forza della vita. È la stessa danza che io sto continuando lassù tra le stelle, eccola, l’ho creata qui, sulla sabbia, ho trasferito non solo le palline colorate, ma il movimento, il gusto del gioco, dell’abbraccio, del volteggio.
Ciò che mi dà più entusiasmo è il fatto che loro interagiscono con me, mi ascoltano, mi parlano e comprendono e sono contente di farmi felice, brillano al brillare dei miei occhi.
Oh, che gioia!

Cosa è accaduto lassù mentre stavo volteggiando? Ah, si! Ricordo, quegli occhi!
Talmente ero persa nel mio gioco della pista, con i miei colori rotolanti, che ho dimenticato perché sono scesa quaggiù.
Corro!
Sicuramente mi sta aspettando!
Ma… quaggiù… dove lo trovo?
Da lassù a quaggiù… come lo riconosco?

IMPOTENZA… così vorrei sentirmi, senza mezzi, senza coordinate e capacità di trovare e riconoscere quegli occhi.
Oh… queste palline mi parlano, sussurrano, mi chiamano! Vogliono essere messe di nuovo in circolo, ricominciare la corsa pazza giù per la discesa, basta star qui a preoccuparmi, a chiacchierare!
Che bel gioco ho creato!
Ma, aspetta, ho saputo costruire un bel gioco, armonico, dinamico, sai… è la mia danza!
Qui sulla terra c’è la stessa danza che io sto ballando nel cielo.

Continuo a giocare, a lanciare le palline nella danza.
Qui mi hanno toccato i suoi occhi, qui i miei occhi hanno toccato i suoi, e ci siamo detti tutto.
Qui lo incontro, lo sento e lo riconosco, mentre gioco e danzo.

POTENZA: LE MODALITÀ IN CUI L’ENERGIA SI FA ESISTENZA, TRAFFICATE, SPERIMENTATE, VISSUTE.
SENTITE TRA LE MANI LE GRANDI FORZE E, USATI IL TEMPO LO SPAZIO E LA FREQUENZA, FINO A RENDERSI CONTO CHE, GIOCHIAMO CON IL MONDO PERCHÉ LO TRAIAMO DA NOI STESSI. LE PERSONE, LE COSE E GLI EVENTI CI RISPONDONO E SI DANNO A NOI.










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