giovedì 3 settembre 2009

RANCORE




a Dio

Quel Dio diventato fame, dentro me
quel Dio diventato solitudine, dentro me
quel Dio diventato freddo, in me.

Bisogna agire le cose
da quel luogo in cui si è
con il cuore e l’Anima scoperti

da qui, da tutto il mio rancore.


È come se non trovassi più questo sentimento dentro me, o forse ne sono così permeata che non lo distinguo dai miei altri modi di sentire?
In questi giorni sono molto arrabbiata, perché con alcune persone c’è una tale divergenza di comportamenti e di atteggiamenti che mi è difficile restare indifferente. Eppure ormai so che quello che vedo, sento, sta, fuori di me, è solo illusione. Sì, gli altri, questi altri che interagiscono quotidianamente con me, che amo, che fanno parte dei miei affetti, sono se stessi, hanno diritto e ragione ad essere se stessi ma qui ci scontriamo.

Sono stanca, so che è inutile confliggere per pretendere di essere, io, compresa. Può darsi che anche le loro ragioni siano valide, sicuramente anche il loro è un modo di fare e, tanto quanto il mio, va rispettato. Ma come fare? Mi sento costantemente non rispettata, quando non aggredita, minacciata, da certi comportamenti e da certi mentali che stazionano dentro la testa di altri.
Sì, lo so, questo significa che, a specchio, anch’io ho dei pensieri confusi nei loro confronti.
Significa anche che io sto proiettando su loro le mie ansie e paure e ho paura che a loro accada qualcosa di pericoloso, negativo, dannoso, semplicemente perché io ho vissuto queste paure su di me. E se poco poco mi connetto con me stessa le vedo qua, belle, giganti e attivissime queste paure.
A volte invece altre paure, ancora, non le vedo.

Che fare? Darmi da fare con il fuori di me, con gli altri, cioè tentare di parlare per chiarire e spiegarsi non serve, non ora, ho provato più volte e mi sono fatta male, parecchio male.
Non sopporto più il parlare che non fa altro che alimentare il fuoco delle reciproche incomprensioni e individualizzazioni, invece di aiutare a sciogliere le tensioni.
Se lei, quest’anima che sta davanti a me e m’interpella dalle parti più difficili e conflittuali di me, sta qui, davanti a me e io la amo nonostante tutto e lei mi ama, nonostante tutto, bisogna cambiare atteggiamento.

Lei, quest’anima, prima ancora di essere qui davanti a me, è dentro di me. Io l’ho creata da quel luogo di me che è sacro, che è vincente, che è la mia capacità divina di creare e perciò so che dentro me, dove io l’ho tratta da me, lei è bella, è una favola di persona che mi sono regalata, mentre ho permesso a lei di regalarsi un’esistenza.
E io sono lo stesso per lei.
No, non serve a niente parlare e scontrarsi.
Voglio fare silenzio, entrare in me, ascoltarmi, amare me stessa e che sia il fondo di me stessa a riportarmi lei, così com’è in tutta la sua bellezza.
Voglio rapportarmi con quest’anima, questa “lei” che sta in me, bella, nuova, gioiosa, tutta se stessa, così come io l’ho voluta creare e così come lei ha creato me.
Mi viene in mente mia madre, sì, anche con mia madre non ci sono state grandi condivisioni e, solo da grande ho compreso che anche lei andava bene così, così com’era e così come ha fatto, sì credo di aver ricreato mia madre dentro me. Il rapporto con lei così poco esteriore, certamente vivo e vero, m’ha permesso di fare grandi salti nella vita, con questa grande capacità di fare il distacco dalle situazioni, da tutto e da tutti, che mi conduce a osservare, con grande obiettività, dentro le interazioni umane. Eppure, da quaggiù o lassù, dove sono andata e dove sono, tutta sola, mia madre è sempre con me.

Che fare?
Sto facendo silenzio, anche sto boicottando i tentativi di chi mi sta accanto di voler fare pace, perché ora sarebbe una pace illusoria, fasulla, costruita su quelle parti di noi ancora confuse, distorte e quella pace, come già successo innumerevoli volte, non durerebbe.

Dentro me ho lei, pazienza se per il momento fuori il dialogo è interrotto, pazienza se, dalle mie paure penso che a lei mancherà una comunione, un sostegno; questo è detto dal mondo delle mie paure e, poiché lo so, non l’assecondo.
Sto come mi sento e mi piace essere, e dove mi piace essere, dentro me, in questo luogo in cui, dal meglio di me stessa ho creato lei, tutti gli altri e tutto il resto.
Qui dentro, questo luogo, lo so esistente e ci so stare, sostare, ma ancora è buio, è avvolto dalle nebbie e dai vapori, ancora non so cosa ci sta qua dentro.
So solo che è il luogo in me dove sono accolta, sempre, per ciò che sono, per ciò che sento e voglio, per qualsiasi cosa desidero, penso, sogno.

Rancore… si scioglie, si plasma, sento il suo soffiare dolce e pieno. Sono io e sono accolta, sono con la mia storia, anche nuda e sola, ma sempre serena. Questo luogo mi permette di ritrovare il sorriso anche quando, in ogni altra parte di me, c’è travaglio e dolore.
Qui i sogni sono sempre vivi, attivi, presenti e fedeli, non se ne vanno e mi permettono di ritrovare intatta le mia voglia di vivere, di vincere, fare cose nuove, di essere nuova.
Qui incontro me stessa nella veglia e nel sonno. Qui veglia, sonno e sogno si equivalgono e io vivo i miei sogni, così li rendo veri, concreti, reali e luminosi fuori di me.

QUI OGNI SOGNO È POSSIBILE, È PERMESSO, HA UN SENSO E UN SIGNIFICATO CHE ESALTA LA MIA VITA E CHE SI COLLEGA AL GRANDE SOGNARE E SOGNO DELL’UMANITÀ CUI APPARTENGO.

Da qui il mio sognare e i miei sogni sono dei regali per me e per l’umanità, sono utili, funzionali, sono giochi per divertirsi ed espandersi.

Da qui voglio ripensare mia figlia, così come l’ho contemplata quando l’ho voluta e cercata. Quando sono andata a prendermela lassù, tra le stelle, tra le vette della mia anima più libera e vera, generosa e ilare. Perché io l’ho creata dal meglio di me e io così voglio saperla e godermela.
Così la incontro dentro me, so che così la ritroverò fuori di me.
E ci sarà l’abbraccio.








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