giovedì 3 settembre 2009

ACCOGLIENZA



“Non pensare alla forma,
dà peso alla sostanza,
questo è il Tao”.

Quanto è grande il mondo, il mondo in me! In questo periodo la Vita si sta proponendo con tanta della sua potenza nel sole, nell’acqua, nel verde della campagna. Tutto è riflesso e fissato in questo scenario che stiamo costruendo e dipingendo per rappresentare il nostro Mozart e, mentre stiamo qui ad aspirare fumi di colori, a definire bordi e sfondi tra azzurri verdi e beige, avverto che: “io sto” in questo scenario. Sono dentro e vivo qui. Sono nel momento in cui Tamino sta davanti alla porta del Tempio, a Sarastro… Tamino è uscito dalla foresta dei suoi sentimenti di paura, confusione, incertezza, paura, ancora paura e dubbi, tutto ciò che ha conosciuto di sé in quel percorso nelle caverne, nelle parti di sé oscure e tenebrose, forti, quasi mortali. Ma ne è uscito, rinvigorito, sicuro di sé e ora sa di sé.
Il Tempio è rimasto da varcare e poi, finalmente la sua Pamina!
Ecco, mi sento in questo scenario e in questo grande atrio verde-azzurro che la natura offre a chi qui giunge.

Avverto gli archetipi vibrare. Amo gli archetipi, li ho disegnati, li ho serviti, ho lasciato che in me ogni voce dell’universo risuonasse, dicesse la sua, fosse urlo o flebile sussurro, fosse voce della guerra, dell’odio, dell’ignoranza, dell’impotenza o della forza debole più accogliente e comprensiva, tutto ho accolto con amore. Non era mio l’amore, mi è stato donato, sempre, io ho solo permesso che mi attraversasse.
Anche le mie voci ho ascoltato e accolto, tutte le voci delle mie vite, dei miei vissuti, della mia storia, quella che ha attraversato i secoli e i millenni, quella dello Spirito che sono e delle molte anime che sono stata, quella dell’Anima che sono, che chissà quanti nomi s’è data, chissà quanti uomini e donne ha amato, quanti figli ha cresciuto; tutto lascio che sia ora, e che se ne vada.
Tutti gli archetipi, le chiavi che ho utilizzato per darmi vite e corpi e intelligenze, per creare realtà e mondi, ecco, i simboli universali sono qui, dentro questo Tempio, pronti ad essere riutilizzati, questa volta da quest’anima che sono che ha in sé la consapevolezza che:

TUTTO È BUONO, TUTTO CIÒ CHE OGNI ESSERE CREA È BUONO, SEMPRE.

Sto attraversando questo Tempio senza timore e perciò senza sofferenza e dolore, perché niente è resistito, niente è giudicato né lasciato fuori dal mio cuore.
Attraverso il Tempio che sono sapendo che il tempo e lo spazio si snodano, avviluppando gli archetipi nuovamente, come ogni volta che sono stata qui, in questo luogo e momento, che si chiama: “Be-rè-sit” ,“In principio” .

Creare… come si fa a creare? Quando si è creatori?
Quando si accoglie tutto e niente.
La gioia oggi fa vibrare il mio sangue. La mia linfa e ogni osso, ogni cellula, ogni estroflessione nervosa del mio corpo è raggiunta da questa onda dolce e amorevole che nasce da un posto segreto di me, emerge e sento mi attraversa.
Sì, questo luogo segreto è oltre tutte le caverne, gli antri, le montagne sotterranee, i corsi d’acqua che ho attraversato, lunghi anni di oblio e silenzio e altro, altro, che mi ha spinto fino a qui, davanti al portale del Tempio, a sapere che altro non sono se non questo Essere che da sempre sono.
E creo, o m’inabisso in un nulla che mi dissolve, nulla in cui il mio corpo e la mia anima, senza dolore, né identità si danno.

Il portale è aperto, posso varcare la soglia e attraversare me stessa, in ogni parte di me, mentre so che in ogni momento ancora quaggiù posso essere, nei miei antri oscuri, lasciandoli all’oscuro, senza paura, perché solo così “sono” quelle forze profonde e segrete, feconde che, la terra che sono, custodisce e dona.
Tamino e Pamina camminano a fianco nel Tempio, sorridenti.

MASCHILE E FEMMINILE CAMMINANO A FIANCO, NELLA VITA, SORRIDENTI

Ora è sera e la notte sopra lo scenario del Mozart è intensa e silenziosa. Quel sole è un ricordo, una memoria, già da altro sole sono illuminata qui nella notte.
Quando mi sveglio un sussurro, un pensiero s’insinua nella mia mente, sto imparando che questo è il momento degli insegnamenti più importanti e sto attenta ad ascoltare, senza frenare né ridurre, la portata dei messaggi che m’attraversano. Nel risveglio qualsiasi essere trova spazio dentro me, pacificamente, con le sue ragioni e il suo modo di essere e mi viene detto come fare per accogliere, capire, appianare.

E il gioco viene, ritorna, sempre nuovo e avvincente.

















martedì 1 settembre 2009

ASCOLTO




Qui
il pensiero
si ferma.
Risalgo
una memoria
biancovestita.

Un incedere
di Luci
Canta.


Innanzitutto l’ascolto interiore, grazie al Terzo Orecchio che apre il nostro sentire alle vibrazioni, ai suoni delle nostre particelle, del corpo ora aperto alle innumerevoli dimensioni dell’universo. Esso ci conduce dentro noi stessi nell’unico ascolto vero e necessario, il sentire e la percezione di noi stessi perché l’esterno è illusione, è ciò che creiamo noi quando una realtà, un sogno, un pensiero, lo lasciamo risalire dal profondo e gli diamo il permesso di esplicitarsi davanti al nostro Occhio interiore. Al Terzo Occhio, all’Osservatore che è posto qui, tra i due occhi, in quello spazio e tempo del nostro corpo costantemente in contatto con il Tutto, oltre lo spazio e il tempo.
L’Osservatore e l’Ascolto sono il nostro Sé divino, o Sé Superiore, sono il canale sempre aperto tra noi, qui nel corpo e nel cuore di carne, e il Tutto, il divino che ci abita e siamo.
Innanzitutto tra me e la mia Anima è importante che il canale sia aperto, attivo

È fondamentale che l’io temporale, razionale e volitivo che sono sia costantemente in ascolto, in “Obbedienza” all’Anima che mi abita. Il primo ascolto e la prima obbedienza è accogliere che: “così come sono, sono” perché questo, che oggi sono, la mia Anima, Una col Tutto, vuole essere. Anche in quelle parti di me, in quei pezzi della mia storia che io non vorrei riconoscere come miei, che ancora tento di separare da me. Perciò: “così come sento, sento” e va bene; “così come penso, penso” e va bene.
Questo, oggi, vuole essere e vivere l’Anima che mi abita e che sono, questo, nell’oggi che si srotola davanti a me.

ASCOLTO INTERIORE… DIALOGO INTERIORE, SEMPRE ACCESI.

Così, ecco, è bello andare a letto la sera e dirmi: “Adesso sto con me stessa, dedico questo tempo e spazio tra la veglia e il sonno a me stessa. Far compagnia a me stessa, accogliermi nel respiro, in ogni pensiero che mi passa per la testa, senza selezionarlo o volerlo cambiare. Senza volere, nei miei pensieri e nel mio affanno, cambiare il mio mondo e la storia che oggi, ieri, ho vissuto”.
Questo che si srotola davanti alla mia memoria ha voluto essere l’Anima, Una col Tutto, che mi abita. Mi addormento avvolta dalle mie emozioni sollecitate da lui, lui, lei, da me stessa: questa emozione, questa, che abita in me mi serve, ora, per traghettarmi nel sonno e nel sogno. Se accetto dal profondo e completamente questo, accetto ciò che l’Anima ho voluto sperimentare di Sé, ciò che Dio vuole viversi in me, e domani, domani, se Lei vuole, se Lui vuole, sarà ancora così o diverso.
Ormai so bene quali sono le spinte dentro me, cosa desidero e so che voglio cose grandi, belle e gioiose; so già, pur nella riduttività del mio oggi, che l’Anima mi sta portando verso orizzonti sempre più vasti e ricchi, basta che la lasci fare.

Ascolto interiore… stare con me stessa, bene, semplicemente, fino a scivolare nel sonno e, al risveglio, so che con la mia Anima sono stata questa notte. Sento che da questa grande compagna interiore verranno grandi compagni, fuori di me, da accogliere sorprendentemente e da abbracciare.
È l’Anima che sceglie e mi organizza la vita.
Al mattino, mi soffermo nello spazio dell’Anima, sto, dentro al letto a dedicare la mia presenza, il mio ascolto, la mia attenzione, a me stessa, all’Anima.
Qui, al mattino, ora, Lei è la prima entità che incontro appena apro gli occhi del cuore e della mente.
Sto, e sento che sto con qualcuno che sono, che mi trascende e sovrasta, l’altra Parte di me, l’Anima.

Da un po’ di tempo, mi rendo conto, sono capace di dare più ascolto e attenzione alle persone che incontro, agli amici, ai colleghi. Ascolto con attenzione, seguo il loro sentire e i loro percorsi di pensiero con più disponibilità. Non ho bisogno di dire: “Io, io…” posso ascoltare, senza più l’urgenza di dire e spiegare ciò che penso, faccio o dico.
Sono più capace di ascolto fuori di me da quando dedico ascolto, amorevolezza ed attenzione al dentro di me.









COMPASSIONE




Non sono vagabonda
dispersa.
o pellegrina

è la mia orbita che è estesa
.


Ho bisogno di accogliermi ancor di più. Perché gli eventi che io stessa ho attivato, mi sono sfuggiti di mano, ho agito mentre non comprendevo, mentre ero lontana da me stessa.
Ora sono qui, a vedermi da quello che io chiamo un tradimento, anche se so, da un altro livello di comprensione, che di altro si tratta.
Non la vedo tutta la funzionalità del mio gesto e la mia piccola mente lo leggerebbe solo dentro ai soliti schemini, dandole le interpretazioni che dà il mondo. Da quel tipo di comprensione mi do poca approvazione e ancor meno riconoscimento. Ma non mi conviene neanche nominarmi con i vecchi nomi, con le vecchie interpretazioni che darei a me stessa; meno incremento il pensare vecchio e prima lo supero.

Intanto però devo fare i conti anche con le emozioni, con quel sottofondo di sentire che il mio pensare si trascina. E anche questo non è bello né gustoso.
Anche sul sentire è meglio andare oltre e, mentre cerco di non rimuoverlo né rinnegarlo perché altrimenti si sedimenta dentro me, anche cerco di non alimentarlo.
Che lavoro! Continuamente in bilico tra vecchio e nuovo.
Oh, è un passaggio e lo so, tra un po’ il guado sarà passato e io mi ritroverò traghettata sulla sponda del Coscienza Nuova, una e serena, capace di accogliere le tante parti di me con comprensione e stima.
Bella giornata, brutta giornata, positivo e il cosiddetto negativo, ossia il contrario di ciò che già è luce, che è altrettanta luce, solo che talmente densa e criptata da sembrare buio.
Tutto è vita.

Lo sto dicendo in continuazione, è il canto che ogni attimo sale dal mio cuore, e in questi giorni ne ho fatti conti e conticini con il mondo, con le amicizie, con compagni vecchi e nuovi, ho cercato di guardare in faccia persone e situazioni.
Ho pianto, sbattuto i piedi, mi sono ammalata, ho fatto la tartaruga, cioè ho chiuso con tutti e tutto. Ho spiegato, non ho spiegato. Mi sono vista e accettata, non mi sono accettata. Ho dormito poco, lavorato tanto, tutto come ai vecchi tempi, ma so che non sono più vecchi tempi. Insomma, tutto scorre e sta scorrendo, anche questa comprensione di me dal mio essere “traditrice”, come mi vorrei chiamare.
Sento che è altro, e sto, flutto tra due accezioni di me sapendo che da qui dentro può venire il perdono non tanto per il mio essere traditrice, quanto per il mio chiamarmi traditrice.
So che ho fatto l’unica cosa che potevo fare.
L’unica risorsa che avevo a disposizione l’ho usata per il: “No”.
Poi il buio e il giudizio che mi sono data mi ha riportato in me stessa. Il corpo mi ha condotta dove ha voluto, il corpo ha messo le difese a modo suo, ha gestito la situazione e mi ha riportato me stessa.

COMPASSIONE? È, INNANZITUTTO, UNA FACCENDA DEL CORPO.

Prima di capire e agire, il corpo ha già fatto tutto.
Fidarsi del corpo, lui sa e fa, ti porta dove lui sa, al centro della vita.
Poi, dimenticarsi un po’, vivere di altro, giocare, suonare, scrivere, riposare, mangiare, fare l’amore, nuotare, rischiare… qualsiasi cosa, e non pensare.
Lasciar fare, il corpo sa, ha un agire silenzioso, saggio e concreto.
Noi non ci rendiamo conto di quanto siamo carne e di quanto la carne racchiude ed esprime l’anima in modo sostanziale, intelligente e vero. Siamo stati troppo lontani, estranei ed evasi dal nostro corpo. Invece egli è la nostra prima passione, nel senso che egli, il corpo ci permette di vivere il mondo.

Tutto questo lo sappiamo, razionalmente lo sappiamo, quanto a sperimentarlo…
Anch’io ho dei flash, delle intuizioni, ancora ce ne vuole per lasciare che il mio corpo viva pienamente se stesso e così mi faccia vivere la vita.
Ci provo, a volte ora ci riesco.
Davanti all’ultima interazione egli, il corpo, ha parlato.

Su altri fronti, ancora, spesso ho davanti persone che dicono di credere nel corpo, lo indicano come la risorsa e la contestualizzazione dell’anima, ma poi, quando si tenta di fare ciò che si dice… ancora stonature, incomprensioni. Vuol dire che ancora diciamo, ma…
Se ho davanti persone così, a specchio significa che anch’io ancora parlo, parlo.

No, aspetta non è proprio così, io mi sono mossa, ho chiamato, ho preso la macchina, ho organizzato, mi sono giocata con te. Ho rischiato il tuo giudizio, la tua interpretazione, e non solo la tua; mi sono amata e compresa nonostante mi stessi esponendo. Non mi sono persa, perché ho creduto nel mio corpo.
Tu ora sei un ex-specchio per me.
Non sono così, sono stata così.
Oggi mi distinguo.

Compassione è, dopo essermi accolta nel mio agire scomposto, accogliermi nella mia grandezza e bellezza.






SPERANZA




Nube bianca
nell’azzurro

i semi
venuti
dalle stelle.


È nata, la nuova galassia è nata nel mio mondo. Ancora è un vortice indistinto e si muove in modo incerto sulla sua orbita. Ballonzola qua e là un po’ goffamente, come un bambino che muove i primi passo da solo nel mondo.
Ma solo un bambino può trovare la forze e l’incoscienza necessari per lanciarsi spavaldamente in una nuova avventura.
Una delle tante, la prossima, quella che l’Anima che sono ha innescato.
No, non la conosco, va sperimentata e poi? Poi ricondurrò nuovamente in me il tutto… e mi conoscerò, mi darò ancora un nome. Ovvero, l’Anima che sono, avrà esplicitato un altro pezzo di sé. Intanto io sopravvivo, mente aspetto di sapere le prossime mosse, le nuove virate, dove sarò lanciata nelle profondità del cosmo, chi incontrerò, cosa dirò, che farò.
Amo l’avventura, la vita è una continua avventura. Ogni giorno tutto è nuovo, abbondante e a portata di mano.
“E chi non è con me, peste lo colga” si dice.
Sta dov’è, quello è il suo posto, è la sua posizione cosmica rispetto a me e rispetto a tutti quelli che viaggiano sulle loro orbite, accanto alla mia.

Nuovo ampio pezzo di spazio stellare, nuovi compagni di viaggio. Tutto molto avvincente.
Il mio pensiero va ad un compagno di viaggio e non mi chiedo se lo ritroverò nel nuovo cammino, non é importante saperlo, a me basta vivere.
Ma questo grande amico e maestro sta nel mio cuore, e il cuore è la mia navicella spaziale.
Di lui amo innanzitutto la complicità e la capacità di fare il bambino insieme a me.
Il mondo ci crede là, in quel luogo e tempo a fare… qualsiasi cosa scontata di quest’esistenza invece noi, monelli irriducibili, siamo, dove piace a noi.
Le grandi chiacchierate creano tra noi un prato verde e tenero ove ci stendiamo a coccolarci, accarezzarci, compenetrarci. Ciascuno ha i suoi modi e noi i nostri, criptato il momento d’oro dei nostri incontri, perché così vogliamo. Questa intesa sa metter d’accordo il mondo delle tenebre dell’anima e il mondo solare delle visioni attorno a noi.

Accanto a lui gli opposti si conciliano, nasce la compassione, la comprensione e la capacità di sollevarsi dal peso del quotidiano. La tenerezza e l’attenzione, l’ironia, poi anche la libertà di scrollarci di dosso l’altro dove del suo mondo si tratta o solo del mio, come dire: “Fatti suoi”.
C’è una corrente intensa e speciale, sa di noi, ha il nostro timbro, la nostra cifra, si chiama … siamo noi.
Conduce l’originalità e la singolarità che contraddistingue ogni persona e ogni intesa messe a nudo, ossia felicemente scoperte e vissute nella verità, esse stanno fuse nell’unità del Tutto.
Trovo un senso di me in lui, no, accanto a lui, perché ciascuno resta se stesso, fino ad un attimo prima e dall’attimo dopo ogni nostro divino incontro.
Stavo scrivendo una parola meno importante, ma questo è. Bisogna decidersi che siamo divini in ogni attimo della nostra esistenza, è così che richiamiamo sempre più, da in fondo a noi stessi, la luce che siamo.
Ovvero, detto da un altro punto di vista, tutto è vita, tutto è divino, sta a noi vivere le situazioni semplicemente per cogliere, dalla naturalità e verità delle cose vissute, l’appartenenza di ogni cosa al Tutto. Buio, ombre, luce, attimi di divino splendore e attimi di dolore, confusione e vuoto. Tutto è vita.
Accolgo il giorno destabilizzante, in cui mi sento persa e perdente, non compresa e non amata, accanto al giorno in cui vivo intensamente un amore, un successo, un progetto realizzato, il riposo, i lavori di casa, un premio.
Accolgo tutto, lascio che tutto mi attraversi, ecco che i miei occhi amplificano la visuale. Da sempre i miei occhi vedono davanti e dietro di me, attorno; la mia orbita è costantemente radarizzata, anche se non me ne rendo conto.
Il mio Sé Superiore, Anima, Dio, ciascuno lo chiama come vuole plana sul mondo, è Signore del mondo.
Così mi sveglio ogni mattina, con la speranza fatta certezza, che già dal risveglio immette nella mia mente pensieri di benessere, di riconoscimento e apprezzamento; quando sono sveglia, cosciente e volente, da questa consapevolezza mi muovo.

Che cosa c’è di più importante nella vita di una donna, che i suoi amori? Quanta amorevolezza, comprensione, forza vitale riesce ad accogliere e far passare perché il mondo ne goda? Questo è il femminile, essere canale perché l’amorevolezza di Dio entri nel quotidiano, e ciascuna di noi fa la sua parte in questo elargire al mondo la grazia.
Non è mia la grazia, non sono io la grazia, non nella mia accezione di persona del qui e ora, eppure proprio perché sono persona e sto, in un qui e ora, la grazia mi attraversa e va, dove lei sa. Il mio grande compagno di viaggio lo sa e orbita silenziosamente accanto a me, poi va per cammini stellari tutti suoi, altre stelle, altre galassie, come io, d’altronde.

Ora sento e so che la comunicazione tra le anime è molto più ricca ed estesa di quanto il nostro mentale riesce a contenere.
Veniamo da un mondo in cui sembra sia doveroso ed indispensabile dire tutto, spiegare tutto; oh, la forza del silenzio! La complicità e la fantasia delle cose non dette ma comunicate col pensiero, col cuore, con le forze dell’anima!
C’è una ricchezza in noi che rischia di restare chiusa e criptata perché pensiamo di dover far passare tutto per la coscienza razionale e la parola.
Già il mondo dei gesti è un preludio a spazi più ampi e intensi della sola parola.
Se poi lasciamo fare alla sola presenza, e alimentiamo un reciproco silenzio foriero di sostanze… quanto ci giunge dell’altro, quanto diamo all’altro di noi!

Quando voglio dire una cosa importante al mio compagno di viaggio, non dico, non chiedo, so, e lascio che il pensiero, quello sano, discreto e sobrio, porti il messaggio in lui.
Lascio che il tempo, quello silenzioso e misterioso del quotidiano vissuto, speso nelle incombenze di ogni giorno, agisca per me, superi le barriere delle mie e sue visioni del mondo e di noi stessi e porti le sostanze, conduca ciò che è importante.
Sapete, il quotidiano è solo una scusa, è la metafora per lasciar passare il divino in noi senza l’interferenza del nostro mentale.

È importante immergerci nel mondo dell’illusione e perderci in esso, così distraiamo questa mente che vorrebbe essere onnipotente. Le diamo un giochino: il lavoro, i figli, la casa da pulire, lo sport, la religione, le transazioni da seguire, lei si distrae e, mentre lei è presa dal teatrino delle cose del mondo, il nostro Sé Superiore agisce liberamente, pienamente e gioca la nostra parte più consistente e segreta con la vita.
E il mio grande amico risponde, quando è il momento, in piena sintonia.

Noi l’abbiamo compreso, accettiamo il quotidiano come il banco di prova, la sfida delle nostre intelligenze e capacità, della nostra disponibilità al mondo, viviamo la giornata, poi ogni tanto, come dice lui, apriamo una pagina del nostro libro e viviamo la nostra realtà dolce e segreta, parallela.
L’anima della nostra esistenza, ciò che alimenta, rende nuova e bella ogni giornata.

SPERANZA: ALIMENTO, MIELE, NETTARE.
ENTRARE NELLA SPERANZA, ENTRARE NELL’UNIVERSO PARALLELO IN CUI ATTINGERE ACQUA E SOSTANZE DA GIOCARE NELLA MIA GIORNATA.

Ti onoro, Grande Compagno di viaggio.











FIDUCIA




Come fioriscono le rose?
Una qua una là
per questo è un roseto…

Così le stelle sulla Terra.

Portata qui dall’anima lascio che tutto sia. Perché qui? La mia mente vorrebbe sfornare tutta una serie di ragionamenti per, secondo lei, dare senso e significato a tutto ciò che sto vivendo.
Ma tutto quello che lei mi passa è riduttivo, è povero. Io non sono i miei poveri pensieri.
Mi conosco per essere molto di più di quello che la mia mente sa di me.
Non so dirlo, non con le parole di questa mia mente, l’abile maestra e fattucchiera, per ora non lo so dire, ma so d’essere altro.
Molto di più, più bello, gratuito e grande.

Non so quello che, coloro che vado ad incontrare, coglieranno di me, oggi.
Mi ascolteranno dalla loro mente o da altro di se stessi?
Non lo so, è affar loro.
Io cercherò di stare dove sono “grande” in me stessa, pazienza se non saprò dirlo o farlo percepire.
È per me questo momento, per quella parte di me che sa e che mi ha portato qui.
Ormai sono di altro, innanzitutto.
Di altro che ha la signoria della mia esistenza.

E tutto nasce, nuovo, ogni momento.

Mi sono fermata, ormai spesso agisco perché obbedisco ad un istinto che sta ad un livello “altro”. Non ha niente a che vedere con il ragionamento, né quello che faccio rientra in un agire normale. Chiamo chi sento di chiamare, e neanche spiego perché. Vado dove so che devo andare anche se non so perché. Quando mi trovo in un posto in cui so che devo essere, sto, mi fermo, mi siedo, cammino, aspetto o non aspetto. Se attorno a me c’è una visione bella, mi soffermo su quella o mi guardo attorno, osservo le persone. Lascio che i pensieri vengano e vadano, li seguo, non li seguo, non me ne importa. Non do né peso né valore a quello che i pensieri stanno trascinando in se stessi. Pensiero grande o piccolo, elevato, buono o cattivo, dolce, fievole, difficile, doloroso, allegro. Così le emozioni, serene, dirompenti, rompenti, leggere, nuove, vecchie e stressanti… chi se ne importa.
Io non sono né i miei pensieri, né le mie emozioni.
Solo guardo o ascolto, o niente o tutto.
Sto bene, sto male, sono stanca, è la risultante di un pensiero, non gli do peso. S’affaccia un problema, sono io che lo vedo come problema; non ci sono problemi, c’è vita.
Oh, ancora, spesso sono molte le resistenze a questo modo di essere, ma so, so che sono resistenze, boicottaggi o sabotaggi.
M’interessa vivere, sperimentare, buttarmi nelle cose così come l’intuizione mi dice.
Fino a qui c’ha sempre azzeccato e, quando ho seguito il mio istinto, ho fatto grandi passi.

Stasera il peso in me era tanto, ma volevo che questa emozione avesse tutto il tempo che le era necessario per uscire, per esistere fino in fondo.
Fino a quell’anfratto laggiù laggiù, in fondo a me, dove si era rintanata, chissà quando.
Che peso, ma sapevo che era solo uno sbruffetto di energia un po’ più scomoda di altre, quindi bisognava aver pazienza.
Ho fermato la macchina sulla spiaggia di fronte allo Stromboli, “sembra una brioches” mi sono detta, “me la mangio domani mattina”.
Stromboli sta anche per vulcano, lo stesso che avevo dentro… “un fil di fumo”…, dice la Turandot… lo sbruffetto bianco sulla punta di quel cono sospeso sull’acqua laggiù. Si contorceva in me.
Ma bisognava scendere e camminare, dare uno sbocco, rendere concreto quel momento, toccare le cose, altrimenti quel travaglio restava solo dentro la mia testa.

M’incammino sulla spiaggia con il vento, vado verso le onde che si frangono vicino ai miei piedi. Fa un po’ freddo. Cammino, mi fermo, sto, vado e in me tutto va e viene, tutta quella zavorra di pensieri e sentimenti. Pazienza.
M’arrabbio, lo mando via, lo riprendo, lo strattono e lo strapazzo questo sentimento. Lo riconosco e lo rinnego, tra la rabbia, la delusione e l’impotenza. Ogni tanto mi dico: “è solo un pensiero”, “è solo il mio modo di affrontare e sentire le cose, potrebbe essere diversamente, perciò non è il caso di prendersela tanto”.
Lo so bene che non serve rispondere alla realtà, essa è illusione, importante è cominciare a creare realtà.

Questa situazione sta davanti a me perché io l’ho creata così, io sto dicendo delle cose in questo modo, oppure, io ho dato un’interpretazione ai fatti e alle persone e loro, semplicemente, hanno sostenuto davanti a me lo specchio di come io ho pensato le cose. Poteva essere diversamente, se solo io avessi avuto altri pensieri, o sarebbero state altre le persone a sostenere ben altro specchio. D’altronde l’avevo detto andando ad affrontare queste persone, che avrei vissuto il momento lasciandolo essere anche silenzio, imbarazzo, fragilità, niente. Di più non ci vedevo, di più non ho visto né fatto.
Sentivo anche che era importante esserci, essere là, dove il mio intuito e il mio cuore mi avevano detto di andare.
So che quando le persone s’incontrano l’interazione non è solo quella di ciò che ci si dice, si scambia, non c’è solo il livello che vediamo, sentiamo e comprendiamo con questi sensi e questa mente. No, quando ci incontriamo molto, molto di più interagisce. Non vediamo, e pensiamo che non ci sia ma, molto di più comunichiamo, scambiamo, mettiamo insieme.
Quando ci incontriamo, spesso, senza saperlo, facciamo l’amore.
Con questa consapevolezza sono stata là e ho lasciato che la mezz’ora andasse come voleva.
Ma c’ero.
Al ritorno non riuscivo a piangere.

Poi, sola, sulla spiaggia, camminare tra tante cose in me, finché, finalmente ritrovato, appare nella mente il momento del saluto, del bacio, della vicinanza e tutta l’emozione forte, piena dolce dirompente, emerge.
Ritrovo l’amore così come l’ho sempre avvertito e vissuto.
L’ho sentito tra le mani, l’ho sentito, lasciato essere e scorrere in me e il mio cuore s’è subito allargato. Il respiro s’è fatto più profondo, anzi s’è creato un altro polmone, due erano i respiri in me.

Io lo so che non è lui l’oggetto del mio amore, lui solo lo catalizza, l’amore è… Di chi è?
Chi è che ama così in me ? Chi, è amato così in me?
Questo amore apre all’immenso, l’ho sempre detto, è il modo di lasciar passare la vita.
Più precisamente è il gancio che mi sono andata a trovare per attivare i sensori più alti… altri e sottili del mio radar, la mia sensibilità più estrema, quella che mi permette di cogliere, nella realtà che ho davanti, l’immenso che essa stessa racchiude.

Bisogna lasciare che l’emozione sia emozione, questo è il difficile; è energia, scorre, è come una scossa, in fondo è una reazione chimica e si sente, prude, striscia, punge, brucia, pulsa e batte fino a far battere il cuore; fa fremere, vibrare, risuonare.
Oh, com’è dura a volte stare sulle vette, stare sull’apice di un’emozione, stare e lasciare che essa scorra così come ti scorre dentro una scossa elettrica. Come si fa a lasciarla scorrere senza chiudersi? Senza reagire, senza arginarla, e tentare di non sentirla?
A volte è aguzzina, l’emozione.
Eppure… è solo uno sbruffetto di energia.
E come si fa ad essere così, nudi di fronte agli altri, mentre questa scossa t’attraversa e tu non hai modo di velarla, non farla vedere?
Lasciarsi attraversare dalle emozioni è come partorire: arriva la contrazione e sei impotente alla sua forza, ti scuote e ti senti anche nuda e fragile nel tuo essere così violata di fronte agli altri. Eppure… sta nascendo una vita.

Tutto può essere e non essere, ma questo modo di amare è in me. Questo è vero. Questo tengo di questa giornata, non posso negarlo, né rimuoverlo, né esaltarlo. Lui, questo modo di amare, sa quanto è grande, quanto vuol essere, quando presentarsi, attraversarmi, incidere in me.
Oh, non è il mio unico sentimento, amo, amo ancora, e in altri modi.
Questo mi sta portando molto in fondo a me stessa ma anche lui si metterà in fila, come tante altre sperimentazioni. Importante è che io mi apra all’immenso, che io senta, che io cresca, evolva, diventi nuda e nuda, vuota, impotente e non sapente, così che vita e vita entri.
Anche questo, ora, lo lascio essere, in esso mi riconosco.
Cosa accadrà? Non lo so, altre volte ho visto questa forza d’amare in me, ed è rimasta cosa mia. Va bene. Io sono questo, tanto mi basta.
Sento e so che questo voglio, questa capacità di amare e di essere amata.

È UN AMORE TRA STELLE.
MI DÀ FIDUCIA.


CONDIVISIONE





Cogli il meglio di te
e vediti in un fiore.

Il mondo gira
si capovolta
impazzisce

e rinasce in te.


Ecco, mi sento e sono stella.
Sono quella “lontananza dalla condizione umana” che mi fa sentire di essere tra le stelle .
Mente so, ormai con accolta compostezza, che questo buio del cosmo posso lasciarlo tale.
L’altro mi parla, e io m’annoio. L’altro mi sta davanti e io lo seguo sulle ali della fantasia e sulle mie gambe. L’altra mi tira, mi sollecita e non mi da pace, mi porta su sentieri che mi stancano e non m’appartengono.
Che volete da me, anime del mondo? Che voglio da me stessa, ancora viandante nelle vie e nelle stanze di altri?
Oh, non fa niente! Posso, posso stati accanto, amica, compagno, sconosciuto…

Io sono vagabonda, nel senso che “sono e così come sono, sono”.
Confermo e mi lascio attraversare tutta da questo senso di andare e venire, da questa provvisorietà, non padronanza di me, da questo essere buttata e travolta dalle vite degli altri. Perché non ci sono le vite degli altri, nel Tutto, mentre so che ciascuno vive la sua storia e il suo universo. C’è il Tutto, in cui mi sento Una con voi.
E così, mentre la mia carne e la mia psiche ancora resistono e mi fanno notare i paletti, le reti, le barriere e mi dicono che sì, anche le distinzioni e le individualità sono naturali e necessarie, io so che posso fluttuare tra il Tutto e la mia consistenza.
La storia e l’eterno fluire. Attivi i due mondi, sto in due dimensioni… due? o quante?
Non è importante, da questa postazione non si avverte la necessità di pianificare ciò che si vive.

S’è aperto un altro Orecchio, un altro sentire e mentre sto, qui, ad ascoltare e vedere ciò che faccio e ciò che fate, mentre sto dinanzi a voi e seguo la vostra voce e il vostro fare, mentre sto attenta e presa dal mio daffàre quotidiano, sono anche spostata, sono sospesa ad ascoltare un altro modo di essere che m’inonda, mi riempie e mi solleva.
Sento e sono altro, questo so, questo sto sperimentando.

CONDIVISIONE: CON LA TERRA E CON IL COSMO. ESSERE DELLA TERRA E ESSERE DI UN’ALTRA NATURA. ESSERE CON ALTRI FRATELLI E COMPAGNI DI VIAGGIO.

Come stare sul picco di una montagna e da quassù vedere le numerose vie di discesa, di risalita, di fuga, attacco, contemplazione. Il mio sguardo sul mondo s’è assolutamente allargato, non ho un punto di vista, sto sopra i punti di vista, sopra i sentieri e gli anfratti, i ghiaioni e le vallate. Qualche via posso tentarla, per le altre mi posso sempre attrezzare.
Domino valli, dirupi, pareti a piombo e ruscelli. Scruto e sento dove sono le sorgenti, vedo lo scintillio delle prime acque che scorrono, so che attorno profumano lamponi e mirtilli, sento che là tra boschi, cespugli e pause del sentiero c’è lui, lei, loro.
Vedo altri compagni di viaggio che incedono, scalano, attaccano chiodi e morsetti; lanciano corde. E forse, chi più di altri può essere in sintonia con me, sta lassù, alle prese con la sua roccia.
Altri scendono, sciano, scivolano, rotolano, corrono veloci e a salti lungo infinite discese pazze divertenti e scoscese. Che gioia!
Condivisione… sì, è oltre i punti di vista, è in ciascuno che va, viene, scende e sale, si ferma e, ora che il mio percorso sta più chiaro in me, posso percepire cosa, ciascuno di loro, sta vivendo nell’andare per dirupi, abissi vette e vallate.










GIOIA






Sulla battigia
ma ancora in acqua

sarà un’onda più forte
a lasciarmi sulla spiaggia.

Si può parlare della gioia? Che cosa si può dire? Penso che, ancora una volta, si può solo accennare a come si vive.
Il passaggio verso la gioia è un continuo “ascendere” e “cadere”.

L’ho visto, l’abitare tra le mie montagne. Mie? Le montagne e basta, mie e di quanti se le godono da sopra, dal piano, da buchi e caverne.
Sì perché se è avvincente e gratificante, ti fa sentire un Re, stare sulla pietra più estrema della punta di un monte e sapere che ora, per un attimo, sei tu che fai più alto quel monte, altrettanto avvincente, e certo appassionante, è andare negli abissi della montagna.

Viene prima la paura, l’apprensione o il mio passo? O l’ascolto e lo scrutare il buio?
Perché sì, mi prende questo scendere dentro la pancia della balena, e so che non mi tirerò indietro perché la sfida mi vince, sempre, e così mi piace.
Ma che scotto pago alla mia ansia, al sospetto sempre alto che qui al buio ci sia il pericolo: un animale, una frana, un buco, che altro?
Tutto immagina la mia mente, tutto e di più, animali grossi quanto inesistenti. Terremoti improvvisi, gas, bolle di vuoto d’aria che mi possono risucchiare, crepacci e pozzi oscuri, taglienti e profondi. Per ognuna di queste immagini le mie reni scaricano torrenti di adrenalina, sento il mio sentire andare alle stelle quanto ad intensità, il cuore in gola, chi vincerà, io o il mio pensiero di paura?

Questa è la sfida, mentre i miei piedi, le mie mani e le corde, le bombole d’ossigeno, il casco, le pile, le tute e quant’altro, tutto mi porta serenamente e tranquillamente laggiù per farmi incontrare la mia curiosità e il mio gusto di arrivare tanto in alto quanto in fondo. Ma i pensieri di mostri, belve, disastri vorrebbero essere più forti delle reali risorse, gadgets e strumenti che la vita ogni giorno mi dà.
Chi vincerà?
Ma, in fondo, chi me l’ha fatto fare di avventurarmi fin quaggiù?
Per vedere cosa? Pietre buie e caverne che si aprono di qua e di là, canali che non posso controllare e che solo accentuano e ingigantiscono il mio senso di piccolezza, di impotenza, di nullità di fronte a questo mondo di freddo, vasto e sconosciuto in cui, ennesima paura… potrei perdermi.
E non rivedrei più il sole e i miei figli, e il mondo, ecco, assalita da un altro grumo di ansie e paure.
Quanto è vasta la mia mente! E quanto è profonda! Ma come fa ad avere sempre e sempre un pericolo in più da mettermi davanti? Da vivificare; un fantasma in più da tirar fuori da quel pozzo senza fine e senza fondo del mio meccanismo di paura.

E ora… sono quaggiù, in anfratti e dirupi di freddo e paura che non sapevo di essere, tanto oscuri e tenaci da lasciarmi qui, in questo cunicolo oscuro.
Avanti non si va, troppa ora la paura, e indietro?
Non sia mai! Devo arrivare in fondo, non desisto, mi fermo un po’, sto qui appoggiata a questa roccia, no, prima controllo: insetti, animali, serpenti, acqua, veleni del profondo, sembra tutto a posto, qui il terreno è asciutto, mi fermo un po’ e cerco di chiudere gli occhi, solo un momentino. Mi ascolto un po’, mi sposto e ascolto attorno a me… silenzio umido e silenzioso. Quasi non ci fosse nulla in questo silenzio. Aspetta, un rumore lontano, continuo ah, è acqua che scorre, ma piano, non dà fastidio, non interrompe il mio stare un po’ serenamente ferma qua, in fondo a questo tratto di abisso che sono riuscita a percorrere.
A conquistare?
Non so ancora, non sono del tutto tranquilla, troppo alta ancora la tensione e l’allerta.
Aspetto un altro po’, quando riuscirò a respirare tranquillamente, ad allungare le gambe, mettere un braccio per terra, poi tirar fuori un panino e addentarlo, allora sì, posso dire che per qualche momento, questo anfratto della montagna è conquistato.
E così anche questa profondità del mio cuore.
Poi, tornerà l’attenzione e la veglia attiva, poi si vedrà, prendiamo i momenti uno alla volta. Qui sotto tutto si miniaturizza, il sentire, lo stare, il respirare, qui bisogna stare sul momento, qui ti rendi conto che non c’è prima o dopo, c’è solo questo momento, questo respiro, questa postura. Tutto il resto viene dopo, nel prossimo momento, mentre ciò che è stato, è stato.

Mi sto abituando a questo buio. Vedo, o meglio percepisco, sento, avverto che sono viva, solo mi mancano le parole, i parametri per spiegarmi come sono viva quaggiù.
Ma fa niente se non posso spiegarmelo.
Anche questo è un utero, anche questo è mondo… anche questa sono io.
Oh, sono arrivata quaggiù e più in là, più in fondo ci sono altri “quaggiù” ancora più profondi. Come sono arrivata qui, sarò anche là.
Avevo sempre visto questo abisso dal bordo. Lo ascoltavo, ponendoci le mani sopra, e tirava! Che energia, che attrazione, quale e quanta curiosità e attenzione accendeva in me!
Oggi ci sono, per ogni cosa c’è il suo oggi, il suo momento.

Seduta qui, in fondo al mio abisso, perché ho sempre avuto tanta paura di qualcosa che è vivibile?
Questa parte oscura di me stessa è meno tenebrosa di quanto temessi.
Eppure non sono tranquilla, di me ho altri ricordi, non è sicuro che tutte le presenze siano queste.
Mi sento dentro una pancia, tutte queste anse, cunicoli; questo color terra, indistinto, melmoso, è insidioso. Cerco di fare il silenzio anche dentro ai miei pensieri perché ho bisogno di tutta la mia attenzione, voglio ascoltare più precisamente questo luogo.
Il mio orecchio si fa più attento, mi concentro su questo silenzio, in esso separo lo scorrere dell’acqua che chissà dov’è e sì, c’è un altro rumore in questo che sembrava un silenzio abissale. Ovvero c’è un movimento in queste pareti di roccia, anche la terra sotto i miei piedi si muove, ha un ritmo, un salire e scendere cadenzato, sembra animato da un respiro questo luogo.

Ecco di nuovo il cuore in gola, più di prima perché ora so che il pericolo non solo può essere accanto a me, dietro l’angolo, di più, sono avvolta da qualcosa di misterioso che mi minaccia e ci sono seduta sopra! dentro! Mi sento persa, sono nel ventre del pericolo, sono già stata fagocitata dalla minaccia, mentre io, ingenuamente credevo di essermi creata tutte le protezioni.
Angoscia.
I pensieri schizzano nella mia mente e il cuore… va per conto suo.
Sto, le gambe sono bloccate, arresa alla paura.
Mi rendo conto che ancora sto, aspetto il momento, l’evento che mi travolge.

Ancora sono qui, io e la mia immane paura, non è accaduto nient’altro. Intanto sento questo impressionante respiro che mi sovrasta e spaventa.
Sto, sono invasa da questo respiro, dominata da questo sollevarsi e abbassarsi di pavimento e pareti, del mio corpo dentro a questo ventre di balena. Sono un tutt’uno con questo respiro della terra… e l’impotenza. Sono nel corpo di una bestia. Tocco la bestia. No, di più! Sono stata mangiata dalla bestia e la sensazione di qualcosa di appiccicoso, caldo, avvinghiante mi toglie il respiro. Sono presa… sono persa.
Tento di respirare, mi serve l’aria! Respiro, respiro, ancora respiro.
Questo lo posso fare, è l’unica cosa che dell’istante possiedo, il respiro. Sono viva.
Dentro al ventre della bestia e viva.
È forte l’impressione e il senso di repulsione, ma sono viva.

Ora, un pensiero riesce ad attraversarmi, non mi ha assalito questa bestia, non si muove, sta così da quando sono scesa qui sotto.
Accosto, con timore, la mano alla parete, poi al terreno. Oh, come è forte questo respiro! Ora lo vedo, alla fievole luce della torcia l’alzarsi ed abbassarsi del corpo della bestia. E io dentro! Ascolto, guardo, tocco, scorro la parete, il ventre in cui sono rinchiusa. Continua cadenzato il respiro. Ma non comunica con me, ovvero non vedo come potrebbe farlo, però però io respiro in lei.
Forse comunichiamo, forse in qualche modo lei, la bestia, l’animale sa che sono qua e mi lascia essere.
Oh, mi avvolge questo respiro!
Avverto un senso di protezione, in mezzo a tanta paura. Sono avvolta, protetta, scaldata.
La conosco questa sensazione…
È la pancia della mia mamma! Sono già stata qua! Vengo da qua!
Di colpo qualcosa s’allarga dentro la mia testa, la paura scorre via, un po’ si dissolve, ancora avverto l’ansia di un qualcosa di forte che ho sentito, ma mi sto rassicurando. Una sensazione di tregua, di pacificazione sta emergendo e mi lascia vivere.
Il mio pensiero si fa più tranquillo, continuo a toccare queste pareti, so che sto respirando e comincio a dirmi che non mi mangerà questo ventre, non mi dissolverà. È la mia mamma!
… …
Quante volte nelle mie notti di paura gratuita e sconosciuta mi dicevo: “Questa bestia dentro me! Questa forza che non mi fa dormire!”, ora mi appoggio a queste pareti di carne, ci dormirò dentro.

La bestia… la mia natura ancestrale, da sempre respiro in lei.

Benvenuta, mamma, nella mia consapevolezza!

Ora qualcosa attira la mia attenzione, s’impone su quello che sembrava un unico silenzio, anzi vedo, noto una bruma, un vapore, sono immersa in un vapore, tante goccioline tiepide che stanno inzuppando i miei capelli, alzo il collo della giacca a vento.
Respiro ora in questa nuvola bianca che, chissà perché solo ora noto. Ascolto, lo scroscio non è poi tanto piccolo, ora avverto uno scorrere forte di acqua, ora mi spavento di nuovo.
Innanzitutto il mio sistema dall’allarme si mette in funzione, come sempre; ora un po’ lo lascio fare e già lui mi porta pensieri di fiumi in piena che potrebbero travolgermi.
Uff, questo sistema di difesa sempre così sopra le righe!

Aspetto col cuore che batte, poi quando mi sarò un po’ un calmata andrò a vederlo questo fiume d’acqua.
M’avventuro, pila accesa, bastone per farmi strada…
Come, addirittura uno spiraglio di luce arriva da un cunicolo stretto stretto, lungo, che sale al cielo aperto molto sopra di me. L’ansia aumenta, ora il mio sistema deve ristrutturarsi su queste nuove coordinate e dirmi che, ok ok, anche da questa nuova postazione posso essere tranquilla, nessun pericolo.
Intanto respiro con la pancia della mia mamma.

Avanzo, il raggio di luce fa balzare le goccioline d’acqua, seguo il rumore, ecco ad una curva delle rocce, il fiume bianco.
Scorre impetuoso, eh sì, fa impressione, potente, chiaro, spumeggiante, signore dell’abisso.
Scorre veloce il fiume, contorce onde di acqua tiepida e bianca, profumata, nuova.
Un brivido… è imponente.
Sono la prima, e sono sola, a vedere quest’acqua che più in là, chissà dove, vedrà la luce.
Addirittura una spiaggetta, anch’essa bianca e fine quaggiù, nella pancia della montagna.
Mi avvicino, supervisiono il tutto e, con un po’ di apprensione, qui mi siedo, in questa calma spiaggia in fondo alla montagna, in fondo alla pancia della mia mamma… in fondo a me stessa.
Oggi mi sento così, nel mio abisso, nelle caverne calde, fredde e umide, mute, ignote del mio abisso, nella mia vita fetale e nelle mie acque.

Intanto… ho davanti, negli occhi, uno stupendo mare azzurro.
Sto vivendo le mie caverne, ma che visione!
Sono a Vibo Valentia in una serena giornata di settembre, i cirri bianchi si rincorrono nel cielo.
Che azzurri, che celesti! E più sotto, appena più sotto il vasto mare, l’ampio golfo di Sant’Eufemia lo contiene discreto.
Il mio sguardo e il mio cuore spaziano nella vastità.
Avevo detto che questo amore apriva l’immenso in me, ora tocco l’immenso e la vivezza dei colori del mondo. Tutto è vicino, quasi toccabile, oggi l’incanto è toccabile, c’è un’abbondanza di mare, di verde, monti, spiagge, dirupi e colline, lo Stromboli acceso e il filo di fumo.
Oggi c’è di più, c’è un universo che trabocca.
I gabbiani attraversano la mia visuale, scorre il vento. È presente e si rende attivo nella mia visione, muove arbusti, foglie e rami.
Oggi i colori sono nitidi, vivi, definiti e accesi.
Davanti a me un vastissimo anfiteatro.
La natura.
Altro? Oh, sì, molto altro.
Sto tra abissi e mari e cieli.
Nelle mie relazioni oggi sto vivendo le mie caverne, le mie forze ancestrali, cieche, e lo so.
Oh, loro… le persone… dei fantasmi, così le ho viste, ovvero la mia mente ha visto i suoi fantasmi.
Le persone, invece, le so belle e solari, così le sento e le penso, così saranno davanti a me al prossimo incontro.
Sono anche seduta accanto al grande fiume delle mie acque più profonde e sempre nuove, respiro la forza delle mie emozioni in tutta la loro vivezza e nudità.
Davanti ho un mondo luminoso.
Queste le mie forze? Queste le emozioni che sento difficili, intense?
Questa bellezza?

QUESTO È L’ISTANTE.

GIOIA.




SEGRETO n. 5: Conferma ed accresce la nostra autostima l’essere consapevoli che: alcune parti di noi e dei nostri vissuti, prima lasciati in ombra o rimossi, sono autentici pregi ed originalità della nostra personalità.