giovedì 3 settembre 2009

FRETTA




“Se Dio è tutto e in tutte le cose,
diamogli la consapevolezza in ogni cosa.

Egli si creò per conoscersi, per sperimentarsi,
per avere la percezione di sé,
chiunque sia”.

Sentirsi assorbire, risucchiare, trascinare in qualcosa che non si sa ma che è più forte di tutto quanto si vive ora.
L’attrazione ed oltre, a oltre.
Il fascino dell’essere traghettati in spazi che si percepiscono ampi e solari.
Quando l’intuizione comincia a prendere il sopravvento, e la lasci essere protagonista della tua vita.
Essere, per vivere, perché senti che sei connessa alla velocità della luce e in essa ti muovi, sosti, plani, riprendi la corsa e ti lanci, leggera, sicura, nello spazio siderale.

Questo è il passaggio da una creazione all’altra. Da uno stato di noi ad una nuova condizione.
Avverti lo stacco, ti destabilizza fintanto che la forza dell’emozione e dei pensieri vecchi ancora trattengono la corsa e fanno zavorra all’Anima che già è nel Nuovo, nella Vita Nuova.
Zavorra: tempi e spazi di un universo che ora più non ti appartiene e, mentre ancora si fa sentire il peso del passato, sempre più velocemente si scioglie perché anche i tuoi pensieri e le tue emozioni sono più leggere e impermanenti e, sempre più facilmente, la psiche compie i passaggi verso la libertà.
Del passaggio, la Luce può conoscere anche la traiettoria e il percorso, nonostante sia alla velocità della luce. Perché la Luce è intelligenza, è ciò che rende gli esseri consapevoli di se stessi.

La Luce, emanazione di Dio, emanazione del nostro essere divino, abita l’istante in cui capienza e sostanza, dare e avere, vuoto e pieno s’incontrano fecondi.
Un attimo, meno di un attimo, talmente impercettibile che quasi noi uomini non lo cogliamo, quasi esce dallo spettro di risonanza delle nostre facoltà ma: “Se sento che sono Dio nel mio essere più profondo e vero, è ben attiva e dinamica la capacità di percepire l’impercettibile, l’impermanente, l’attimo della creazione”.



Con me molti compagni di viaggio, dal loro sguardo, dall’emozione che mi attraversa pensandoli o avendoli vicini, so che sentono come me, colgono l’istante e il loro essere divino come me, sono già oltre.
Prati, boschi, dirupi, spiagge e scogli, soli e galassie, gli spazi dei nostri incontri si amplificano, sono sempre più numerosi e accessibili.
Qualcuno, prima di noi, s’è già incontrato e ha aperto cancelli, chiavi, portali, e il mondo dell’immenso, dello Spirito, del diversamente oltre è dilagato e ha impregnato di luce e consapevolezza l’oggi, il quotidiano, la carne, la Terra.
Ora spazi e tempi nuovi, luoghi d’incontro e d’incanto, sono in noi. Qui ci troviamo.
La trama esterna delle comunicazioni, dei contatti, degli scambi e confronti liberi, vissuta alla luce della Luce, ha illuminato e attivato la rete interiore.
I boschi, le spiagge e gli scogli, i soli dell’anima… qui siamo, sempre più spesso, in convivi, abbracci, amplessi che superano tempi e spazi, materia e condizioni.

L’Unità, l’Alef , vissuto, sperimentato e, se Alef ci prende, tutti noi abbiamo attivi gli archetipi, i segni e i significati.
Tutto ri-conduciamo in noi e siamo Nuovi, i testimoni della Nuova Consapevolezza .



SEGRETO n. 3: I sentimenti e le esperienze che, fino a ieri giudicavamo “negativi”, accolti e integrati ci forniscono le energie più forti che possiamo orientare verso i nostri progetti.










I SENTIMENTI




4° SETTIMANA - COME AVERE CONSAPEVOLEZZA DELLE MIE ENERGIE

Obiettivo: Imparare a lasciarsi attraversare da ogni sentimento ed emozione.


I SENTIMENTI

Sto
sulla sponda del fiume che sono.

Osservo
srotolarsi davanti ai miei occhi
le bestie del mio tumulto più profondo.

Impetuoso
non so frenarlo,
impotente, di fronte
alla forza indomabile delle mie acque.

Ho guadagnato la sponda
sono fuori dal guado.

Qualcosa di me può dirsi acqua… e altro.
Altro che sono oltre lo scorrere irrefrenabile
di questa forza
bianca e vaporosa
fredda, determinata.

Ma non sarei
se non fossi le mie Acque.


INVIDIA GELOSIA RABBIA RANCORE PAURA ODIO IDOLATRIA POSSESSO… I GRANDI SENTIMENTI, CHE GIUDICHIAMO NEGATIVI, SONO LE GRANDISSIME FORZE DA RICONOSCERE COME PARTI AUTENTICHE DI NOI.

Solo lasciandoci attraversare da queste forze esse attivano in noi quelle potenzialità che, proprio perché non vissute e non sentite, diventano disarmonia, malattia per noi stessi e disarmonia verso gli altri.

Avere il coraggio di dire: “Sono idolatra di me stessa, sono gelosa, sono rabbia, sono paura, voglio possedere, voglio che mi appartenga, voglio prendere…” e dirlo riconoscendoci, in questo dire, tutta l’assertività e l’autostima che ci vogliamo e possiamo concedere.

LASCIANDOCI ATTRAVERSARE DAL FATTO CHE, COMUNQUE, AMIAMO.
DALL’AMORE SIAMO ATTRAVERSATI.

Significa assumere la responsabilità di se stessi.
Significa intronizzarci, assiderci sul nostro trono.

L’uomo considera la gloria divina ossia la forza, la potenza, l’intelligenza, la capacità di amare, come esteriori a sé. Egli pensa la Presenza, ovvero l’incidenza in lui della forza, come esteriore a sé e non la riconosce come sua.
La forza sentita come esteriore a sé gli fa nascere la paura (il timore di Dio) per la distanza che crede incommensurabile tra sé e Dio.
Gli Dei, tutte costruzioni esteriori intellettive, non reali: l’uomo, poiché non conosce le sue grandi potenzialità, pensa siano tutte e solo di Dio, le chiama Dio.
Per superare la non conoscenza e la paura di queste forze che non riconosce sue e perciò teme, l’uomo cerca di costruire un dialogo con queste presunte divinità ma è un dialogo col suo esteriore; un dialogo con le sue potenzialità proiettate e percepite fuori di sé, separate da sé.

Dialogo esteriore che allontana l’uomo dal suo centro.
Nasce la religione come necessità di relazione tra l’uomo e il senso di sé ma, avendolo proiettato fuori di sé, in un Dio, il senso resta sempre irraggiungibile, perché cercato in un’idea illusoria.
Nasce la Legge, la necessità di porsi in sintonia, in situazione di dipendenza, asservimento ad un Dio potente e temuto.
“Per paura io mi impegno”.
La religione è relazione che è nata dal proprio senso del limite, dal senso creaturale, ma spesso è relazione col fuori di noi in ciò che, invece, noi siamo.
Questo sapersi creatura “la Vita mi è data”, male inteso, conduce alla svalutazione di noi stessi di fronte a quell’idea onnipotente di noi stessi che abbiamo proiettato fuori di noi.

Il senso della creaturalità va ricostruito nella sua autenticità e diventa senso dell’essere.
Creaturalità è sentirsi e sapersi terra, carne, sentimenti, pensiero, emozioni, capacità di amare, di un sapere esperienziale prima che intellettivo: “Esperire ciò che sono”.
“Vedermi respirare, agire, essere le Parti di me, le mie modalità di darmi alla vita”.
“Mi pongo in situazione agendo dalla spinta interiore che mi fa essere qui dove, di fatto, voglio essere, per esprimere ciò che naturalmente sento di esprimere”.
In questo stare nella mia autenticità, da dentro me, una forza si esplicita: la luce che “sento”, il divino che è in me, quella Forza che ha voluto essere qui-ora questa creazione. Questa luce illumina le parti di me che io ora sono spinta ad essere, così esse si esplicitano, escono alla luce e io le vedo di un vedere che è cogliere ciò che sono.
È l’insight ed esso è sempre un piacersi ed apprezzarsi, perché è avvertire una forza, cogliersi nella verità. È la mia coscienza psichica che si attiva.
Ancora siamo nell’individualità, ma è la strada per la Coscienza Cosmica.

È anche grande umiltà, ovvero senso di realtà perché: “questo sono, niente di meno”.
Presa di responsabilità di ciò che sono, assunzione di sé, intronizzazione:
“Per come mi sento, in ciò che mi sento e mi vedo, sono re di me stesso”.
Questo, niente di meno, è il senso di creaturalità.
Noi siamo con-creatori di noi stessi e possiamo risalire alla sorgente di ciò che siamo, sperimentandoci e dandoci consapevolezza.

Che cosa l’uomo esperimenta di sé?
Appunto il sentire, l’agire, il pensare, l’amare.
Il punto è sapere che non un Dio fuori dell’uomo gli permette l’esperire, lo mette in situazione, in qualsiasi situazione, egli stesso, da quella Parte di sé in cui egli è re di se stesso e della sua storia, tesse la trama della sua vita.
All’uomo, nel quotidiano è chiesto di credere che ogni situazione è la scelta che egli stesso s’è dato, innanzitutto le infinite gioie della vita e della Terra sperimentate, insieme al conoscersi e crescere. È chiesto di stare consapevolmente o meno nella situazione catalizzando così di sé, da sé, le energie più profonde e saperle sue, allora: la luce delle cose si dischiude, ogni parte dell’universo si manifesta in lui.
Come si manifesta? Attraverso il sentire, le emozioni, attraverso i grandi sentimenti: rabbia gelosia idolatria appartenenza… che solo se permessi a se stessi, non resistiti, non giudicati manifestano la potenza che conducono.
E l’uomo scopre che, colti nella loro verità, essi sono le grandi forze che egli ha proiettato fuori di sé in qualcosa chiamato Dio.

I SENTIMENTI II° PARTE



II° PARTE

Vivere, conoscere le Parti di noi e le cose, e conoscersi in esse; conoscendo ne misuriamo la nostra e la loro forza: chi siamo, chi sono.
Sentire, accogliere, stare, conoscere… non separare.

Incontrare, sentire, nominare gli animali interiori, distinguersi da essi per coglierne la forza, non separarsi da essi.
Gli animali interiori sono le nostre energie che ancora non conosciamo, perciò non possediamo e, in esse, non ci possediamo.
Stati di noi in cui non sappiamo di abitare, quelli che fatichiamo a riconoscere nostri perché il giudizio ce li fa distinguere e separare da noi stessi.
Essi sono invece le nostre Parti più forti e feconde, le nostre energie strutturanti.
Bisogna incontrarle, sentirle, attraversarle, riconoscerle come Parti di noi e distinguerle da noi non per separarle ma per apprezzarne la bellezza e fecondità, integrarle… imparare ad essere sempre pronti a lasciarle andare.
Sono i nostri nodi: ciò a cui resistiamo, che ci fa paura, ciò che noi rinviamo alla responsabilità dell’altro e che invece è generato solo da noi. Li chiamiamo ostacoli, nemici, gabbie, malattie, impedimenti, destino, karma… invece siamo solo e sempre noi quando ci costruiamo dalla nostra fragilità, inconsapevolezza, necessità di sopravvivenza.

Parti di noi diventate fardelli, come uscirne?

La questione sta nella dinamica del distinguere senza separare.

“Sono, io sono queste forze, queste tensioni che sento, questi pensieri, mi riconosco in essi. Mi trattengo, mi soffermo, io, in essi”. Li osservo, mi osservo, ed ora che lascio essere tutto qualcosa mi fa avvertire distinta da ciò che in me continuamente si anima. “Posso essere altro da questo” ed è proprio qui, in questo spazio interiore in cui le forze si rendono manifeste ed io le “sento” e le posso osservare, che c’è la risoluzione della mia tensione ed un preludio di pace interiore.

Ricondurre dentro sé queste forze è : presa di responsabilità, intronizzazione di sé sul trono della propria esistenza da una comprensione di sé che non è parziale, individuale, ma universale: “Sono parte di un Tutto, lo sento”.
Assumere queste forze come forze naturali, canali della più autentica espressione di sé.
È integrare le dimensioni: corporea ed emozionale, riconoscendole nella loro accezione più vera e ponendole così, in pari dignità, con le dimensioni intellettiva e spirituale.
Forse è lasciar essere in noi dimensioni che non sappiamo ancora percepire, che non sappiamo di essere perché ancora non sappiamo ascoltarci in esse ma che sono vere e attive.
È dare pienezza alla persona ponendola in armonia con tutte le parti di sé.
E la forza viene e, con essa la consapevolezza, la fede in se stessi, la deliberazione, la determinazione, la progettualità.

Ma perché si può fare questo?
Perché si sente, si è visto e si vede Oltre, Altro; è l’Oltre noi stessi che ci permette di stare con ciò che avvertiamo scomodo, destabilizzante o nemico.
Perché, in fondo a noi stessi, sentiamo e sappiamo che: nemico è quella parte di me che, adesso, posso integrare.

La religione diventa relazione dell’uomo con se stesso, nell’andare a costruire il dialogo con tutto ciò che egli è, in sé, come Evento in cui l’Essere si manifesta.
Diventa senso religioso che non significa relazionarsi con il divino fuori di sé, bensì atteggiamento con cui accostare ed incontrare il proprio mondo interiore sapendosi parte di quel Tutto che è e che lo circonda.
Dio può essere la parte di me “Altro da me”, ciò che mi spinge sempre oltre e sempre più nelle mie profondità ad incontrare, da dentro me, il germoglio di ciò che poi incontro negli altri fuori di me. Diventa ciò che mi conduce al Tutto, all’Universo, alla comunione ed integrazione con qualsiasi altra Parte di me che chiamo creatura, amore, progetto, figlio, gioia, insieme a: terra, fiore, mare, vibrazione, luce, tenerezza…
Dio, ancora, è “quell’evento continuo della creazione” che ogni momento accade nel tempo/spazio di questa nostra realtà di carne, che costantemente interagisce con dimensioni che intuiamo di avere, ancora non esplorate.

Universi in cui non sappiamo di abitare: il mondo delle nostre ancestrali paure, delle nostre malattie, tutto ciò che ora resistiamo e dubitiamo perché vuole occhi e cuore nuovi per essere avvertito, accolto, sperimentato, perché possa emergere dai nostri respiri più profondi e trattenuti, insieme al mondo dei nostri sogni e desideri… quelle parti di universo che, finché non l’avremo esplorato in noi, ci sedurrà o ci incuterà timore, faremo fatica a visitare, comunque ci attirerà.
Dio, ancora, per quanto possa sembrare il solo vero unico Dio, è sempre e solo il Dio della mia creazione, del mio mondo e tutta la relazione che imposto con lui è relativa solo a me e questo è sempre modificabile.

In fondo, l’interrogativo è: come passare dal sapersi creatura alla consapevolezza di essere creatore? Con-creatore di me stessa e del mondo? Uomo/Verbo.

Nominando tutte le Parti di me, abbracciando di me tutto ciò che ho sottoposto a giudizio, integrando tutto ciò che ho separato. Questo “tutto” è infinito, inaspettato, mi mette davanti aspetti di me che non sapevo-volevo essere, né riconoscere come me, invece sono e sono le mie parti più forti, vitali, amorevoli. Ciò che oggi vedo di me e dice la mia infelicità, la mia violenza, la mia castrazione e frustrazione, la sfiducia, l’impotenza, l’invidia, la gelosia, lo struggimento, l’ignavia insieme alla mia grandezza, solarità, bellezza, al mio fascino, alla mia intelligenza e capacità di amare.
E nel momento che mi amo pienamente così come sento e sono, avverto, tocco la mia sacralità.
È con tutte queste parti che voglio chiamarmi ed essere chiamata e poi lasciare tutto, per essere niente, e poi altro… qualcosa mi traghetta sempre oltre.

Condurre l’essere al recupero di tutta la sua dignità, alla consapevolezza che tutto ciò che proiettiamo fuori: Creatore, Eventi continui della creazione, Dio, siamo noi.
Ciascuna di queste entità è se stessa, distinta da me, ma è in me, mai disgiunta da me.
Il disgiungerla, il separarla da me mi fa perdere la forza che essa È.
Mi fa non partecipare, non godere della forza, della sostanzialità, vogliamo chiamarlo Amore? che ogni Realtà é.

Sappiamo, nel frattempo, che da sempre siamo nel benessere e nella gioia, che i sentimenti generosi e benevoli li abbiamo sempre vissuti, alcuni li abbiamo già nominati:

APPREZZAMENTO ACCOGLIENZA ASCOLTO COMPASSIONE SPERANZA FIDUCIA CONDIVISIONE GIOIA




SEGRETO n. 4: Lasciarsi attraversare da ogni sentimento e ogni emozione. Ciascuno di essi concorre alla profonda comprensione di noi stessi, alla capacità di relativizzare qualsiasi pensiero e situazione, alla gestione di noi stessi.



APPREZZAMENTO



5° SETTIMANA - COME INCREMENTARE L’AUTOSTIMA

Obiettivo: Sapere che ogni parte di me che accolgo ed integro contribuisce a confermare ed accrescere l’autostima.


APPREZZAMENTO

“Sai, mi sto accorgendo di avere un tesoro fra le mani. E quel tesoro sei tu”.

“È un diamante grezzo che tu stai cesellando. Quel tesoro è sempre tuo. Sei tu”.



*** ***



Prima manciata di stelle
primi passi incerti dentro ad un vortice
silenzioso e possente.

Oh, dentro a una galassia!
Vincimi forza di gravità,
inabissami dentro te, nuovo universo!

Mistero
la freccia ho lanciato da questo mondo al tuo,
nella nuova galassia
nasco
capace di amare
incondizionatamente.

Mi accolgo, tutto quello che sento, penso, dico, faccio, va bene.
La frustrazione, l’esaurimento avviene quando io boccio, boicotto un mio pensiero, qualsiasi mio pensiero, un sentire, qualsiasi mio sentire… il mio agire.
L’esaurimento, ossia la perdita dell’energia avviene quando permetto che me stessa o l’altro da me, gli altri, mi interpretino, mi spieghino e mi diano un senso o significato, quando mi giudicano o consigliano, o tentano di consolarmi, di aiutarmi, di dirmi chi sono, cosa voglio, cosa devo fare.
Tutto questo, non solo è vuoto ed inutile ma anche deleterio.
Vado bene così, adesso vado bene così.

Questa è la creazione di me ora, ciò che ora sono, sento e faccio è ciò che io ho voluto regalare a me stessa. Il mio io razionale o gli altri non possono giudicare niente di me, non importa ciò che pensano, importante è che io mi approvi sempre e comunque.
Qualunque mio pensiero, qualsiasi, tutto il mio sentire, come sto deliberando e agendo, sono io, qui e ora, è il mio essere qui e ora: questo è l’Essere, l’Adesso, il Presente, la Presenza.
Perciò questo sono: verità, autenticità, realtà, qui ho tutte le energie del mio sentire, del mio pensare e fare. Se nego il mio sentire e pensare, se dentro me disapprovo come mi sto muovendo, disperdo le forze, perdo me stessa due volte: perdo le energie perché le uso per andare contro me stessa, perdo le energie racchiuse in quel me stessa.
Il sentire negato, il pensiero negato, il fare sabotato, restano chiusi come files che io non apro perciò non leggo, non permetto loro di esplicitarsi nelle proprie potenzialità e significati. In più, per me che vivo adesso, questo sentire, pensare o agire è proprio quello che mi serve aver a disposizione adesso e io non me lo voglio negare. Se permetto e approvo il sentire, il pensiero, il fare, l’esistere, mi arriva l’energia che li costruisce e che contengono e la uso, di essa mi nutro.
Mi alimento: “essere alimento a se stessi”.
Le mie emozioni sono il cibo per il mio sentire.
I miei pensieri sono il cibo per il mio pensare.

Ha scritto mia figlia in un racconto: “Non si rendeva conto che il suo potere cresceva ogni volta che questi pensieri gli tornavano in mente. Lui attribuiva la sua forza ad un processo naturale ignorando il fatto di poterlo controllare ed adoperare come meglio credeva. Per questo non aveva ancora agito… ”.
Ciò che faccio, il mio “mettere le mani in pasta”, è il cibo per conoscermi, perché la realtà si apra a me, perché l’universo mi metta a disposizione la sue potenzialità.
Il mio esistere è connessione con l’Essere, così ho energie a disposizione, mi conosco, nutro, cresco ed evolvo. Reprimere i sentimenti e i pensieri porta ad accumulare forza che poi scoppia, forse, nell’esplosione di quello stesso pensiero e forse in un agire che non possiamo controllare o che, permettiamo, altri in noi controllino. Permessi, forse, certi pensieri di negazione di sé, di morte, distruzione, vendetta, dominio, decantano l’energia, entrano in un confronto e a volte si sciolgono.

Così le mie emozioni, vanno tutte benissimo, sta a me imparare a sapere che ogni energia è buona e io ne posso essere attraversata senza soffrire, anzi godendo del fremito di forza che essa mi regala.
Così il mio agire, è sempre voluto e deliberato da quella parte di me che sente e sa ciò che mi piace e che cosa oggi mi serve per essere viva.
Nell’ascolto, nel pieno riconoscimento e approvazione di me stessa, centro me stessa, da qui rinasco e questi sentimenti, che già prima chiamavo positivi, ora inondano ed abitano la mia anima. In più “Sono” tutta la forza che prima chiamavo col nome di sentimenti negativi, pensieri ossessivi, atti errati. Ecco, la sento tra le mani, nel cuore e nella mente, questa forza e ora la vedo e la tocco fuori di me, in chi mi è a specchio e si vive, come me, tutta la consapevolezza dell’essere uomo e donna.
Sento che “sono” nella mia volontà, nella capacità di darmi a me stessa dal massimo dell’accettazione, stima e disponibilità e, nel momento che io concedo tutto di me stessa a me stessa, lo concedo agli altri di essere tutto per se stessi.
Ecco, il mondo si dona a me e mi viene incontro attraverso tutto ciò che mi circonda: persone, cose, eventi, la creazione per me.

IL MODO PER AMARMI È DARMI LIBERTÀ E PACE, FAR SÌ CHE L’ANIMA VIBRI E BRILLI PER ME E PER GLI ESSERI COSÌ CHE SI APRA IL CANALE PERCHÉ VIBRI E BRILLI LO SPIRITO.

“Oggi mi sono data la pace, un po’ di pace. Quel tanto di ascolto e accoglienza a me stessa che mi permettesse di superare il punto di non ritorno.
Sentire, sapere e fare in modo di essere mia, solo di me stessa. Aver potuto oggi, più di qualunque altra volta, fissare lo sguardo sul mio cuore e lasciarlo essere, lasciarlo pulsare e dire parole d’amore.

Una grande confusione oggi, molte voci hanno parlato nel palcoscenico della mia mente e spesso il cuore ha lasciato dire, spesso il cuore ha prestato la sua voce, sostenendo il dire e il sentire di ogni voce. Ma egli era sempre oltre, infatti non arrivava mai l’ultima parola, sempre altro dire, altro da cercare, finché, esaurita ogni voce, ecco, un cunicolo profondo, dapprima oscuro e tortuoso… in esso un respiro, spesso un rantolo, poi una brezza sottile e fresca.
Rischiava di essere risucchiata dal frastuono delle voci e dal peso di quel gran mucchio di parole. Ma la brezza, silenziosa e greve, alitava in me, soffiava senza far rumore, timidamente e io, l’ho lasciata essere finché… una parola ha parlato dentro me, e io non l’ho ignorata, né soffocata.
Diceva, dice: “Amo”.
Ho lasciato che riempisse il mio cuore. Ora, insieme all’amore per me stessa presente e attento, qualcos’altro pulsa in me”.






























ACCOGLIENZA



“Non pensare alla forma,
dà peso alla sostanza,
questo è il Tao”.

Quanto è grande il mondo, il mondo in me! In questo periodo la Vita si sta proponendo con tanta della sua potenza nel sole, nell’acqua, nel verde della campagna. Tutto è riflesso e fissato in questo scenario che stiamo costruendo e dipingendo per rappresentare il nostro Mozart e, mentre stiamo qui ad aspirare fumi di colori, a definire bordi e sfondi tra azzurri verdi e beige, avverto che: “io sto” in questo scenario. Sono dentro e vivo qui. Sono nel momento in cui Tamino sta davanti alla porta del Tempio, a Sarastro… Tamino è uscito dalla foresta dei suoi sentimenti di paura, confusione, incertezza, paura, ancora paura e dubbi, tutto ciò che ha conosciuto di sé in quel percorso nelle caverne, nelle parti di sé oscure e tenebrose, forti, quasi mortali. Ma ne è uscito, rinvigorito, sicuro di sé e ora sa di sé.
Il Tempio è rimasto da varcare e poi, finalmente la sua Pamina!
Ecco, mi sento in questo scenario e in questo grande atrio verde-azzurro che la natura offre a chi qui giunge.

Avverto gli archetipi vibrare. Amo gli archetipi, li ho disegnati, li ho serviti, ho lasciato che in me ogni voce dell’universo risuonasse, dicesse la sua, fosse urlo o flebile sussurro, fosse voce della guerra, dell’odio, dell’ignoranza, dell’impotenza o della forza debole più accogliente e comprensiva, tutto ho accolto con amore. Non era mio l’amore, mi è stato donato, sempre, io ho solo permesso che mi attraversasse.
Anche le mie voci ho ascoltato e accolto, tutte le voci delle mie vite, dei miei vissuti, della mia storia, quella che ha attraversato i secoli e i millenni, quella dello Spirito che sono e delle molte anime che sono stata, quella dell’Anima che sono, che chissà quanti nomi s’è data, chissà quanti uomini e donne ha amato, quanti figli ha cresciuto; tutto lascio che sia ora, e che se ne vada.
Tutti gli archetipi, le chiavi che ho utilizzato per darmi vite e corpi e intelligenze, per creare realtà e mondi, ecco, i simboli universali sono qui, dentro questo Tempio, pronti ad essere riutilizzati, questa volta da quest’anima che sono che ha in sé la consapevolezza che:

TUTTO È BUONO, TUTTO CIÒ CHE OGNI ESSERE CREA È BUONO, SEMPRE.

Sto attraversando questo Tempio senza timore e perciò senza sofferenza e dolore, perché niente è resistito, niente è giudicato né lasciato fuori dal mio cuore.
Attraverso il Tempio che sono sapendo che il tempo e lo spazio si snodano, avviluppando gli archetipi nuovamente, come ogni volta che sono stata qui, in questo luogo e momento, che si chiama: “Be-rè-sit” ,“In principio” .

Creare… come si fa a creare? Quando si è creatori?
Quando si accoglie tutto e niente.
La gioia oggi fa vibrare il mio sangue. La mia linfa e ogni osso, ogni cellula, ogni estroflessione nervosa del mio corpo è raggiunta da questa onda dolce e amorevole che nasce da un posto segreto di me, emerge e sento mi attraversa.
Sì, questo luogo segreto è oltre tutte le caverne, gli antri, le montagne sotterranee, i corsi d’acqua che ho attraversato, lunghi anni di oblio e silenzio e altro, altro, che mi ha spinto fino a qui, davanti al portale del Tempio, a sapere che altro non sono se non questo Essere che da sempre sono.
E creo, o m’inabisso in un nulla che mi dissolve, nulla in cui il mio corpo e la mia anima, senza dolore, né identità si danno.

Il portale è aperto, posso varcare la soglia e attraversare me stessa, in ogni parte di me, mentre so che in ogni momento ancora quaggiù posso essere, nei miei antri oscuri, lasciandoli all’oscuro, senza paura, perché solo così “sono” quelle forze profonde e segrete, feconde che, la terra che sono, custodisce e dona.
Tamino e Pamina camminano a fianco nel Tempio, sorridenti.

MASCHILE E FEMMINILE CAMMINANO A FIANCO, NELLA VITA, SORRIDENTI

Ora è sera e la notte sopra lo scenario del Mozart è intensa e silenziosa. Quel sole è un ricordo, una memoria, già da altro sole sono illuminata qui nella notte.
Quando mi sveglio un sussurro, un pensiero s’insinua nella mia mente, sto imparando che questo è il momento degli insegnamenti più importanti e sto attenta ad ascoltare, senza frenare né ridurre, la portata dei messaggi che m’attraversano. Nel risveglio qualsiasi essere trova spazio dentro me, pacificamente, con le sue ragioni e il suo modo di essere e mi viene detto come fare per accogliere, capire, appianare.

E il gioco viene, ritorna, sempre nuovo e avvincente.

















martedì 1 settembre 2009

ASCOLTO




Qui
il pensiero
si ferma.
Risalgo
una memoria
biancovestita.

Un incedere
di Luci
Canta.


Innanzitutto l’ascolto interiore, grazie al Terzo Orecchio che apre il nostro sentire alle vibrazioni, ai suoni delle nostre particelle, del corpo ora aperto alle innumerevoli dimensioni dell’universo. Esso ci conduce dentro noi stessi nell’unico ascolto vero e necessario, il sentire e la percezione di noi stessi perché l’esterno è illusione, è ciò che creiamo noi quando una realtà, un sogno, un pensiero, lo lasciamo risalire dal profondo e gli diamo il permesso di esplicitarsi davanti al nostro Occhio interiore. Al Terzo Occhio, all’Osservatore che è posto qui, tra i due occhi, in quello spazio e tempo del nostro corpo costantemente in contatto con il Tutto, oltre lo spazio e il tempo.
L’Osservatore e l’Ascolto sono il nostro Sé divino, o Sé Superiore, sono il canale sempre aperto tra noi, qui nel corpo e nel cuore di carne, e il Tutto, il divino che ci abita e siamo.
Innanzitutto tra me e la mia Anima è importante che il canale sia aperto, attivo

È fondamentale che l’io temporale, razionale e volitivo che sono sia costantemente in ascolto, in “Obbedienza” all’Anima che mi abita. Il primo ascolto e la prima obbedienza è accogliere che: “così come sono, sono” perché questo, che oggi sono, la mia Anima, Una col Tutto, vuole essere. Anche in quelle parti di me, in quei pezzi della mia storia che io non vorrei riconoscere come miei, che ancora tento di separare da me. Perciò: “così come sento, sento” e va bene; “così come penso, penso” e va bene.
Questo, oggi, vuole essere e vivere l’Anima che mi abita e che sono, questo, nell’oggi che si srotola davanti a me.

ASCOLTO INTERIORE… DIALOGO INTERIORE, SEMPRE ACCESI.

Così, ecco, è bello andare a letto la sera e dirmi: “Adesso sto con me stessa, dedico questo tempo e spazio tra la veglia e il sonno a me stessa. Far compagnia a me stessa, accogliermi nel respiro, in ogni pensiero che mi passa per la testa, senza selezionarlo o volerlo cambiare. Senza volere, nei miei pensieri e nel mio affanno, cambiare il mio mondo e la storia che oggi, ieri, ho vissuto”.
Questo che si srotola davanti alla mia memoria ha voluto essere l’Anima, Una col Tutto, che mi abita. Mi addormento avvolta dalle mie emozioni sollecitate da lui, lui, lei, da me stessa: questa emozione, questa, che abita in me mi serve, ora, per traghettarmi nel sonno e nel sogno. Se accetto dal profondo e completamente questo, accetto ciò che l’Anima ho voluto sperimentare di Sé, ciò che Dio vuole viversi in me, e domani, domani, se Lei vuole, se Lui vuole, sarà ancora così o diverso.
Ormai so bene quali sono le spinte dentro me, cosa desidero e so che voglio cose grandi, belle e gioiose; so già, pur nella riduttività del mio oggi, che l’Anima mi sta portando verso orizzonti sempre più vasti e ricchi, basta che la lasci fare.

Ascolto interiore… stare con me stessa, bene, semplicemente, fino a scivolare nel sonno e, al risveglio, so che con la mia Anima sono stata questa notte. Sento che da questa grande compagna interiore verranno grandi compagni, fuori di me, da accogliere sorprendentemente e da abbracciare.
È l’Anima che sceglie e mi organizza la vita.
Al mattino, mi soffermo nello spazio dell’Anima, sto, dentro al letto a dedicare la mia presenza, il mio ascolto, la mia attenzione, a me stessa, all’Anima.
Qui, al mattino, ora, Lei è la prima entità che incontro appena apro gli occhi del cuore e della mente.
Sto, e sento che sto con qualcuno che sono, che mi trascende e sovrasta, l’altra Parte di me, l’Anima.

Da un po’ di tempo, mi rendo conto, sono capace di dare più ascolto e attenzione alle persone che incontro, agli amici, ai colleghi. Ascolto con attenzione, seguo il loro sentire e i loro percorsi di pensiero con più disponibilità. Non ho bisogno di dire: “Io, io…” posso ascoltare, senza più l’urgenza di dire e spiegare ciò che penso, faccio o dico.
Sono più capace di ascolto fuori di me da quando dedico ascolto, amorevolezza ed attenzione al dentro di me.









COMPASSIONE




Non sono vagabonda
dispersa.
o pellegrina

è la mia orbita che è estesa
.


Ho bisogno di accogliermi ancor di più. Perché gli eventi che io stessa ho attivato, mi sono sfuggiti di mano, ho agito mentre non comprendevo, mentre ero lontana da me stessa.
Ora sono qui, a vedermi da quello che io chiamo un tradimento, anche se so, da un altro livello di comprensione, che di altro si tratta.
Non la vedo tutta la funzionalità del mio gesto e la mia piccola mente lo leggerebbe solo dentro ai soliti schemini, dandole le interpretazioni che dà il mondo. Da quel tipo di comprensione mi do poca approvazione e ancor meno riconoscimento. Ma non mi conviene neanche nominarmi con i vecchi nomi, con le vecchie interpretazioni che darei a me stessa; meno incremento il pensare vecchio e prima lo supero.

Intanto però devo fare i conti anche con le emozioni, con quel sottofondo di sentire che il mio pensare si trascina. E anche questo non è bello né gustoso.
Anche sul sentire è meglio andare oltre e, mentre cerco di non rimuoverlo né rinnegarlo perché altrimenti si sedimenta dentro me, anche cerco di non alimentarlo.
Che lavoro! Continuamente in bilico tra vecchio e nuovo.
Oh, è un passaggio e lo so, tra un po’ il guado sarà passato e io mi ritroverò traghettata sulla sponda del Coscienza Nuova, una e serena, capace di accogliere le tante parti di me con comprensione e stima.
Bella giornata, brutta giornata, positivo e il cosiddetto negativo, ossia il contrario di ciò che già è luce, che è altrettanta luce, solo che talmente densa e criptata da sembrare buio.
Tutto è vita.

Lo sto dicendo in continuazione, è il canto che ogni attimo sale dal mio cuore, e in questi giorni ne ho fatti conti e conticini con il mondo, con le amicizie, con compagni vecchi e nuovi, ho cercato di guardare in faccia persone e situazioni.
Ho pianto, sbattuto i piedi, mi sono ammalata, ho fatto la tartaruga, cioè ho chiuso con tutti e tutto. Ho spiegato, non ho spiegato. Mi sono vista e accettata, non mi sono accettata. Ho dormito poco, lavorato tanto, tutto come ai vecchi tempi, ma so che non sono più vecchi tempi. Insomma, tutto scorre e sta scorrendo, anche questa comprensione di me dal mio essere “traditrice”, come mi vorrei chiamare.
Sento che è altro, e sto, flutto tra due accezioni di me sapendo che da qui dentro può venire il perdono non tanto per il mio essere traditrice, quanto per il mio chiamarmi traditrice.
So che ho fatto l’unica cosa che potevo fare.
L’unica risorsa che avevo a disposizione l’ho usata per il: “No”.
Poi il buio e il giudizio che mi sono data mi ha riportato in me stessa. Il corpo mi ha condotta dove ha voluto, il corpo ha messo le difese a modo suo, ha gestito la situazione e mi ha riportato me stessa.

COMPASSIONE? È, INNANZITUTTO, UNA FACCENDA DEL CORPO.

Prima di capire e agire, il corpo ha già fatto tutto.
Fidarsi del corpo, lui sa e fa, ti porta dove lui sa, al centro della vita.
Poi, dimenticarsi un po’, vivere di altro, giocare, suonare, scrivere, riposare, mangiare, fare l’amore, nuotare, rischiare… qualsiasi cosa, e non pensare.
Lasciar fare, il corpo sa, ha un agire silenzioso, saggio e concreto.
Noi non ci rendiamo conto di quanto siamo carne e di quanto la carne racchiude ed esprime l’anima in modo sostanziale, intelligente e vero. Siamo stati troppo lontani, estranei ed evasi dal nostro corpo. Invece egli è la nostra prima passione, nel senso che egli, il corpo ci permette di vivere il mondo.

Tutto questo lo sappiamo, razionalmente lo sappiamo, quanto a sperimentarlo…
Anch’io ho dei flash, delle intuizioni, ancora ce ne vuole per lasciare che il mio corpo viva pienamente se stesso e così mi faccia vivere la vita.
Ci provo, a volte ora ci riesco.
Davanti all’ultima interazione egli, il corpo, ha parlato.

Su altri fronti, ancora, spesso ho davanti persone che dicono di credere nel corpo, lo indicano come la risorsa e la contestualizzazione dell’anima, ma poi, quando si tenta di fare ciò che si dice… ancora stonature, incomprensioni. Vuol dire che ancora diciamo, ma…
Se ho davanti persone così, a specchio significa che anch’io ancora parlo, parlo.

No, aspetta non è proprio così, io mi sono mossa, ho chiamato, ho preso la macchina, ho organizzato, mi sono giocata con te. Ho rischiato il tuo giudizio, la tua interpretazione, e non solo la tua; mi sono amata e compresa nonostante mi stessi esponendo. Non mi sono persa, perché ho creduto nel mio corpo.
Tu ora sei un ex-specchio per me.
Non sono così, sono stata così.
Oggi mi distinguo.

Compassione è, dopo essermi accolta nel mio agire scomposto, accogliermi nella mia grandezza e bellezza.